
Paperlit, il successo dell’editoria digitale parla italiano
Mancano pochi giorni al 23 marzo, il giorno del lancio del nuovo iPad3 in Italia. Gli appassionati di nuove tecnologie sono già pronti a mettersi in fila per accaparrarsi l’ultimo oggetto del desiderio. Era il 2009 quando il primo iPad arrivava sul mercato e conquistava anche i più scettici. Grazie allo straordinario mondo della applicazioni la nostra vita è cambiata: ora basta prendere una tavoletta in mano per controllare il meteo, leggere un libro, usare Facebook, Twitter, disegnare, scattare e condividere foto o sfogliare un quotidiano comodamente seduti sul divano senza dover uscire di casa per comprarlo. Una vera rivoluzione, in cui l’Italia, una volta tanto, ha fatto la parte del leone, soprattutto per ciò che riguarda l’editoria digitale. L’informatico Gionata Mettifogo e l’economista Mario Mariani nel 2009 hanno dato vita a Paperlit, un’innovativa piattaforma di pubblicazione digitale che si basa su un principio semplice e vincente: convertire il pdf di un giornale, lo stesso che l’editore consegna allo stampatore, in un formato adatto all’e-reading e renderlo fruibile per iPhone, iPad e dispositivi Android. tempi.it (che da più di un anno si avvale di questa tecnologia) ha raggiunto Mario Mariani per parlare di come nasce un successo digitale tutto italiano.
Chi è Mario Mariani?
Sono un’economista sardo che ha lavorato per undici anni in Tiscali, sino a diventarne l’amministratore delegato. Nel 2009 ho fondato un incubatore di imprese, TheNetValue, nato con l’intento di fare assistenza alle start-up nella fase di avviamento d’impresa. In parole povere, investo nel capitale di rischio entrando in società come socio di minoranza e poi assisto le start-up mettendo a disposizione le mie competenze professionali maturate nel tempo. A Cagliari esiste una struttura che ospita fisicamente le start-up e dove io seguo personalmente i progetti con apporti manageriali.
Cosa l’ha spinta, dopo 11 anni, a lasciare un’azienda solida e competitiva come Tiscali?
Credo che undici anni nella stessa azienda nel settore dei nuovi media siano decisamente troppi. Tiscali era diventata un’azienda consolidata e stabile, la creatività aveva lasciato il posto alla gestione e io invece volevo inventare. Ecco perché ho dato vita a un incubatore d’imprese: così posso sempre rimanere coinvolto nel processo creativo di tutti i progetti che seguo, che è anche la fase che preferisco.
Com’è nato il progetto Paperlit?
È stato il primo investimento che ho fatto, nel 2009, e nasce da un’idea di Gionata Mettifogo, imprenditore veronese emigrato nella Silicon Valley con una grande passione per il digitale e le nuove tecnologie, con cui avevo avuto modo di lavorare all’interno di Tiscali. Venuto a conoscenza della mia nuova avventura, Gionata mi ha chiamato e mi ha raccontato la sua idea; mi è piaciuta subito e così ci siamo messi a lavoro entrando in società.
In breve tempo Paperlit è diventato un successo.
L’intuizione che ha avuto Gionata e la lettura che io ho dato del suo progetto ci hanno permesso di raggiungere dei risultati eccezionali in breve tempo. Mentre lui era in California e aveva messo in piedi un team di sviluppo per la piattaforma, abbiamo deciso di fare un test di mercato in Italia e io mi sono occupato della strategia di marketing, della creazione della rete commerciale, della contrattualistica e così via. Lo step successivo è stato incontrare gli editori italiani. Il progetto Paperlit è piaciuto subito, soprattutto per la sua natura innovativa. Quando abbiamo dato vita allo sviluppo della piattaforma, l’iPad non era ancora arrivato in Italia, c’era solo l’iPhone. Fummo i primi a lanciare questo servizio e siamo stati anche i primi in Italia a lanciare un quotidiano (La Repubblica) su iPad e i secondi in Europa, ben due mesi prima che il tablet della Apple arrivasse in Italia. Mettifogo mi aveva spedito dalla California un paio di iPad, così mi recavo dagli editori a presentare il progetto su un oggetto del desiderio che non era ancora disponibile in Italia. Dopo aver visto Repubblica in molti ci hanno contattato e, a distanza di tre anni, Paperlit è presente con il suo servizio di distribuzione digitale dei giornali in quindici paesi del mondo ed è leader di mercato in Italia.
Le classifiche Apple lo confermano
Non possiamo che essere fieri dei risultati ottenuti. A fine dicembre i dati parlavano chiaro: nella classifica delle cento applicazioni più scaricate in Italia, ben quaranta sono sviluppate da Paperlit. Siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto, l’azienda è nata in California ma è italiana al cento per cento e sta avendo molto successo anche nel resto del mondo. Qualche giorno fa sono arrivate tre richieste dall’Australia, nel giro di qualche settimana arriveremo anche lì.
Un’idea nuova ma con un occhio vigile alle vecchie abitudini.
L’intuizione di Paperlit sta proprio in questo, nel non stravolgere il processo di produzione degli editori e le abitudini del lettore. Mentre molti competitor, venuti a conoscenza dell’iPad, hanno pensato a nuove forme di aggregazione di contenuti, noi abbiamo pensato di fare il contrario. L’iPad è una tecnologia molto sofisticata che permette di emulare nel mondo elettronico gesti della quotidianità analogica, come lo sfoglio tipico della carta. Non abbiamo fatto altro che rispettare questo concetto, con un doppio vantaggio: l’editore non deve creare nulla di nuovo perché noi utilizziamo lo stesso pdf che viene consegnato allo stampatore e lo pubblichiamo su tablet e smartphone Android, su iPad e su iPhone. Quindi l’impatto dei costi gestionali è nullo. Stesso dicasi per il lettore, che farà gli stessi gesti che faceva sulla carta.
Ma non mancano le soluzioni ultramoderne.
Un anno fa abbiamo lanciato un’applicazione ibrida che integra ai pdf i contenuti che arrivano dal web rimpaginati in Html5. Un approccio decisamente più moderno ma che non imponiamo all’editore. Ognuno si deve sentire libero di scegliere la versione che preferisce.
Avete avuto difficoltà a trovare personale competente e preparato? Le faccio questa domanda perché è opinione diffusa che l’Italia non sia terra di sviluppatori e cervelloni informatici.
In Italia ci sono competenze enormi nell’ambito delle tecnologie e in particolare in Sardegna, terra dov’è nata Tiscali e dove c’è un parco scientifico che funziona molto bene. Non abbiamo avuto nessuna difficoltà nel reperire dal mercato del lavoro persone all’altezza di sfide ambiziose. Ricordiamoci sempre che noi italiani non abbiamo niente di meno rispetto alla Silicon Valley.
Intanto la sua sfida non si ferma a Paperlit.
Assolutamente no, con il mio incubatore di imprese, TheNetValue, sto seguendo nuovi progetti e nuove imprese, alcune di queste già sul mercato. Da un anno e mezzo a questa parte sono moltissime le start-up nell’information tecnology in Italia, un segnale molto bello di cambiamento culturale.
Twitter: @paoladant
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