Oggi papa Francesco celebrerà la Lavanda dei piedi nel carcere minorile di Casal del marmo a Roma. Ma non è la sua prima esperienza con i detenuti. Già nel 1999, infatti, l’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio si è recato, sempre in occasione delle celebrazioni del Giovedì santo, in visita al carcere di Villa Devoto.
IL VIAGGIO IN TAXI. In quell’occasione, l’arcivescovo lavò i piedi a dodici detenuti del carcere, per poi trattenersi a conversare per due ore e mezzo, prima di fare ritorno a casa, con i reclusi. A documentare i fatti, l’indomani, è stato Jorge Rouillon, un giornalista de La Nación, che ha avuto la fortuna, quel giorno, di riaccompagnare a casa Bergoglio dopo la visita. Il dialogo tra i due è avvenuto durante il viaggio in taxi, al termine del quale Bergoglio ha detto al suo intervistatore: «Complimenti, è riuscito in quello in cui non è mai riuscito nessun altro giornalista: trattenermi per ben 40 minuti. Generalmente scappo prima».
«GESÙ È CON LORO». «Volevo che sentissero che la comunità dei fedeli e Gesù sono con loro», i reclusi, ha commentato a caldo Bergoglio al giornalista. Anche perché, come ha ricordato con tono mite il prelato, «Gesù nel Vangelo dice che nel giorno del Giudizio dovremo rendere conto del nostro comportamento: avevo fame e mi hai dato da mangiare; avevo sete e mi hai dato da bere; ero in prigione e mi hai visitato». E ha precisato che «il mandato di Gesù ci obbliga tutti, in modo particolare il vescovo, che è il padre di tutti». Ma «alcuni potrebbero dire – si è chiesto Bergoglio – sono colpevoli. Io risponderò sempre con la parola di Gesù: chi è senza peccato scagli la prima pietra».
ALLARME AUTO-EMARGINAZIONE. L’arcivescovo di Buenos Aires ha poi continuato il dialogo con il giornalista spiegando le ragioni profonde del suo invito: «Ciascuno si guardi nel cuore e scopra le sue colpe, così che i nostri cuori possano farsi più umani». Perché per Bergoglio, ha riferito il giornalista, «ci sono emarginazioni che si vedono e altre che non si vedono». E quelle che lo feriscono di più, come ha raccontato Bergoglio stesso, «sono le auto-emarginazioni, quando cioè un uomo o una donna si auto-emargina dal dolore umano del fratello che soffre». Che è proprio ciò che l’arcivescovo non vorrebbe succedesse mai. Bergoglio ha chiesto – e quest’oggi potrebbe rinnovare l’invito – che la comunità cristiana prenda coscienza, che non si auto-emargini dai «suoi fratelli che stanno nelle carceri». Perché «nessuno può credere ai margini dell’amore di Gesù».
«SONO FIGLI DI DIO». Che l’attenzione riservata da Bergoglio ai carcerati non sia stata solamente episodica, lo testimonia la sua stessa storia. Bergoglio, infatti, è tornato a Devoto il 26 dicembre del 2007 e, come ha raccontato Mariano Tello, il cappellano della prigione, ancora oggi risponde alle lettere che i detenuti gli scrivono. «Sono figli di Dio e li invito ad esserlo per sempre», gli aveva detto Bergoglio salutandoli uno per uno. Mentre nel 2011 ha inviato una missiva a Carlos Marter, il cappellano del carcere di Olmos, il più grande della provincia di Buenos Aires, sottolineando l’importanza di «sviluppare il bene spirituale, la qualità e la dignità della vita dei nostri cari fratelli privati della libertà e delle loro famiglie».
AMNISTIA. Nel 2000, infine, l’anno del Grande Giubileo, il futuro Papa ha riservato particolare attenzione a un particolare gruppo di «potenziali detenuti», invocando «un’amnistia ampia e generosa» per le migliaia di immigrati irregolari che abitavano all’epoca l’Argentina. «Migliaia di immigrati sono oggi al margine dei processi di integrazione – aveva detto Bergoglio – perché una serie di difficoltà insuperabili, tanto economiche quanto burocratiche, non permette loro di avviare la regolarizzazione della propria situazione». E ha precisato: «non dovendo perdonare, ma piuttosto ringraziare, i nostri fratelli immigrati, il termine “amnistia”, nella sua accezione moderna, potrebbe non apparire il più adeguato, ma dobbiamo continuare a credere nella necessità di una misura straordinaria che favorisca la regolarizzazione di tanti uomini, donne e bambini che cercano nel nostro paese un luogo che permetta loro di vivere con dignità».