Propaganda e realtà del nuovo governo olandese, il Rutte IV

Di Rodolfo Casadei
12 Gennaio 2022
Quarto mandato di fila per "Teflon Mark", il leader che si adatta a qualsiasi maggioranza. E che mentre fa le pulci ai bilanci degli altri danneggia l'Ue con il suo regime fiscale
Il premier olandese Mark Rutte (foto Ansa)

Dopo il giuramento del suo esecutivo lunedì scorso, il premier dei Paesi Bassi Mark Rutte ha eguagliato un record europeo e ne ha battuto un altro: è diventato l’unico capo di governo in carica nell’Unione europea ad avere raggiunto il quarto mandato di seguito (fino all’8 dicembre scorso questo record apparteneva ad Angela Merkel), e sempre fra i premier tuttora in carica ha raggiunto per numero di mandati l’ungherese Viktor Orban (di cui si dichiara nemico politico giurato, avendogli fra l’altro intimato di abbandonare l’Ue dopo l’approvazione della controversa legge contro la propaganda Lgbt ai minori) che però ha conosciuto un’interruzione del suo potere fra il 2006 e il 2010, quando i socialisti lo hanno temporaneamente spodestato. Orban è attualmente il capo di governo più longevo d’Europa per soli quattro mesi e mezzo su Rutte: quest’ultimo è ininterrottamente al governo dal 14 ottobre 2010, il primo lo è dal 29 maggio 2010.

Un’Olanda irriconoscibile

Il quarto governo Rutte (con tre maggioranze diverse, cosa che ha fatto nascere per il politico liberale il soprannome di “Teflon Mark” per la sua adattabilità e resistenza a qualunque avversità) vanta anche un record domestico: è quello che nella storia parlamentare olandese ha richiesto il più lungo negoziato prima di presentarsi alle Camere: ben 299 giorni, benché per la prima volta nella carriera di Rutte si trattasse degli stessi quattro partiti del governo precedente, cioè i liberal-conservatori del Vvd di Rutte, i liberal-progressisti di D66, i cristiano-democratici centristi del Cda e i cristiani protestanti conservatori del Cu.

A dar retta ai commenti della stampa olandese, il protrarsi delle trattative sarebbe dovuta alla svolta politica di cui il nuovo governo sarà protagonista: l’Olanda leader dei “paesi frugali” della Ue risulterà irriconoscibile, la spesa pubblica si impennerà in settori che vanno dalla transizione energetica all’edilizia popolare, dall’educazione ai nidi per l’infanzia; caleranno le tasse per i redditi medi e aumenterà il salario minimo.

35 miliardi per l’energia sostenibile

All’esistente fondo per la transizione climatica saranno aggiunti 35 miliardi di euro da spendere nei prossimi dieci anni per la produzione sostenibile di energia elettrica e riscaldamento, la promozione della tecnologia basata sull’idrogeno e, alla faccia delle proteste di Germania, Austria e Lussemburgo, la costruzione di due nuove centrali nucleari (l’Olanda attualmente ne ha una); un altro fondo per investimenti del valore di 25 miliardi sarà utilizzato per azioni di conservazione ambientale, per limitare le emissioni degli allevamenti e per la sostituzione di veicoli inquinanti. Al ministero delle Finanze non ci sarà più Wopke Hoekstra, che aveva chiesto un’indagine sui conti pubblici dell’Italia e di altri paesi del Sud Europa come condizione per l’approvazione del Recovery Fund europeo, ma la più comprensiva signora Sigrid Kaag di D66, che non ha potuto partecipare al giuramento del nuovo governo perché positiva al Covid.

Ve lo ricordate l’appello di Rutte alla frugalità?

Fin qui la narrazione che vuole l’Olanda convertita ai deficit di bilancio a fini di rilancio economico e di riequilibrio fra i partner europei. La realtà però è un’altra: l’Aia vuole semplicemente sfruttare i bassi tassi di interesse attuali e l’imminente riforma dei parametri finanziari dell’Eurozona, che vedranno con tutta probabilità innalzare il limite dell’indebitamento interno in rapporto al Pil, oltre il quale scattano provvedimenti di austerità, dal 60 al 100 per cento.

Nonostante le grandi uscite causate del Covid, il rapporto fra debito pubblico e Pil in Olanda è aumentato solo dal 47,4 per cento del 2019 al 58 per cento di fine 2021. Sulla riforma del Patto di stabilità dell’Eurozona il documento sottoscritto dai quattro partiti della coalizione si limita a dire: «Ci impegniamo a una politica macroeconomica solida e prudente e alle necessarie riforme nei singoli stati, volte a determinare un debito sostenibile, una maggiore crescita economica e una convergenza verso l’alto».

«Sarei prudente nell’aspettarmi una fine della posizione olandese a favore della frugalità nella Ue», ha dichiarato al periodico online Euractiv la docente di scienze politiche dell’università di Amsterdam Theresa Kuhn. Hoekstra, il portavoce della linea dura nei confronti dell’Europa mediterranea, non è più ministro delle Finanze, ma è ministro degli Esteri.

L’accusa di essere un paradiso fiscale

L’Olanda che fa le bucce ai bilanci dell’Italia continuerà, anche sotto il quarto governo Rutte, a essere il paese di una fiscalità che danneggia quella degli altri paesi Ue e che favorisce tutti coloro al mondo che vogliono eludere le tasse.

Scriveva qualche tempo fa Federico Petroni su Limes: «È innegabile che i Paesi Bassi siano un paradiso fiscale nel cuore d’Europa. Grazie a un regime di tassazione a livelli caraibici, vi hanno sede migliaia di società. Letterbox companies, le chiamano: compagnie della casella postale, perché là non hanno nient’altro, sfruttate unicamente per parcheggiarvi fino a 4 mila miliardi di euro, oltre quattro volte il pil nazionale. Sistemi in vigore sin da fine Ottocento, cui solo ora l’opinione pubblica inizia a interessarsi: la Banca centrale stima che soltanto un miliardo di quei profitti confluisca nell’economia locale sotto forma di salari e integrazioni al welfare. Il governo ha promesso riforme, sufficienti però a chiudere solo un piccolo buco, non a stravolgere tutto. (…) Il Parlamento europeo ha accusato i Paesi Bassi e altri sei membri di presentare tratti di paradiso fiscale. Circolano stime secondo cui l’Aia intasca 11 miliardi l’anno da tasse non versate altrove nell’Ue – l’Italia è uno degli Stati che ci perde di più».

Secondo documenti della maxi-inchiesta sull’evasione fiscale denominata Pandora Papers, Hoekstra, il ministro che voleva indagare sui conti pubblici dell’Italia, sarebbe in affari dal 2009 con una società off-shore nel paradiso fiscale delle Isole Vergini britanniche. Tipico caso di moralizzatore moralizzato.

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