«Mi sono sentita come se la mia decisione di non avere un figlio fosse giudicata. Una decisione presa da me e dal mio fidanzato. Siamo giovani e abbiamo appena comprato casa. Chi è lui per dirmi se devo avere un figlio oppure no?».
Melissa Pont, una ragazza di 23 anni, si è rivolta con queste parole ai media della Nuova Zelanda, sollevando un caso in merito all’obiezione di coscienza sulle pillole abortive. La donna voleva che il medico Joseph Lee le prescrivesse la pillola del giorno dopo e, davanti al rifiuto di quest’ultimo, ha deciso di rivolgersi alle testate giornalistiche del paese.
Il medico, cattolico, ha tutto il diritto a non acconsentire alle richieste della giovane, ma questo banale fatto è stato travolto dal clamore mediatico sulla vicenda. Così come, altro elemento “dimenticato” nel dibattito, è che Melissa avrebbe potuto benissimo rivolgersi a un altro dottore, cosa che – per una “questione di principio” – non ha voluto fare.
ACCUSATO PER ANGOSCIA. Il rumore dei media è stato tale che Lee dovrà affrontare il giudizio della commissione Salute e Disabilità, con l’accusa di aver generato angoscia nella donna solo per aver agito secondo le sue convinzioni religiose. Se la commissione lo incolpasse, potrebbe essere multato. Ancor peggio: una vittoria della donna rappresenterebbe una seria minaccia alla libertà di coscienza.