L’hanno annunciata, anche per un calcolo d’immagine, come una manifestazione pacifica. È bastata la decisione del prefetto di decretare la linea rossa nell’area di due chilometri intorno al cantiere perché si torni a parlare di «disobbedienza civile». L’intento dei No Tav, che sono tornati ieri a marciare da Giaglione a Chiomonte, è chiaro: «Vogliamo arrivare alle reti». Il leader Alberto Perino è categorico. «Noi cercheremo di fare la marcia – ha annunciato – e se ci fanno passare passiamo, altrimenti faremo altro. Decideremo lì, insieme, ma sempre con tranquillità, come abbiamo detto».
Una “tranquillità” che, sempre meno, il movimento antitreno riesce a dimostrare. Tanto che due deputati Stefano Esposito (Pd) ed Agostino Ghiglia (vicecoordinatore Pdl per il Piemonte) hanno annunciato di aver presentato un esposto alla magistratura per apologia di reato contro lo stesso Alberto Perino e Francesco Richetto per le dichiarazioni fatte durante la presentazione della manifestazione, proprio in riferimento all’assalto alle reti. «Si tratta – spiega Ghiglia – di dichiarazioni gravi ed eversive, che mirano a creare situazioni di guerriglia ed attacchi programmati al nostro sistema democratico. È ora di impedire ai cattivi maestri valsusini di propalare i volo intenti violenti nella totale impunità».
Parole forti, indubbiamente. Il giudizio sul movimento, d’altronde, sempre più trasversalmente, è negativo. Per dire, Bruno Manghi, sociologo e già ascoltato consigliere di Romano Prodi, pur convinto della poco utilità dell’opera, in un’intervista nell’edizione di ieri della pagine torinesi di Repubblica, ha parole durissime per Alberto Perino. «Penso che sia caduto – dice – nella vanità del protagonismo, che ormai si senta un Andreas Hofer, il leader tirolese dell’epoca napoleonica». E sul movimento, questo il giudizio: «All’inizio era davvero pacifico e non violento, poi, come accade sempre, ci sono state le infiltrazioni di gruppi violenti. Ricordiamoci che la scelta della violenza è la più facile. In più i movimenti che hanno successo attraggono una massa di irresponsabili. E’ successo anche negli anni ’70 con il sindacato, ma il sindacato ha saputo fare dei distinguo ed isolare la violenza. Non si può ragionare secondo il concetto che chi non è contro di noi è con noi. Se chi è con noi si mette a fare atti violenti non va bene…».
L’attrazione dei violenti è un dato. Ieri, la polizia ha fermato una Renaul Clio con cinque stranieri (due francesi, un belga, uno svizzero ed un greco), tutti ben noti alle polizie dei loro Paesi, che si dirigevano verso il campeggio di Chiomonte con maschere antigas, coltelli, protezioni per il corpo, caschi e bulloni. I metodi dell’intimidazione, poi, sono all’ordine del giorno. Su notav.info è comparso, nei giorni scorsi, un «avvertimento anonimo» a Meo Ponte, uno degli inviati di Repubblica che segue le vicende del Tav, con tanto di riferimento alle sue abitudini personali. Strana nemesi per chi non perde occasione per richiamare l’equivalenza tra Tav e mafia. Un’estate calda indubbiamente, in Val di Susa.