«Quando Boko Haram ha attaccato la città di Madagali, ci hanno riuniti tutti e poi hanno sparato a mio padre». Rejoice, studentessa di 19 anni, ricorda bene quando ad agosto i terroristi hanno invaso la sua città, nello Stato settentrionale di Adamawa, Nigeria. Ora la ragazza si trova in un campo profughi a Yola, insieme ad almeno 4.500 altri nigeriani scappati da diversi villaggi.
«BRUCIATA VIVA». Rejoice, che significa “gioire”, non ha perso solo il padre: «Hanno preso mia madre e le hanno dato fuoco – racconta con occhi spenti alla Bbc – L’hanno bruciata viva davanti ai miei occhi». La studentessa rimasta sola è riuscita a scappare nella foresta e a raggiungere Yola dopo settimane di nascondigli e marce forzate per 270 chilometri. «Facevo fatica a mangiare durante la fuga a causa di quello che avevo visto. Anche ora qui nel campo non riesco a ingerire niente».
CENTINAIA DI CHILOMETRI. Sauki, 14 anni, è arrivata a Yola dalla città di Michika, occupata dai terroristi a inizio settembre. La ragazza ha percorso a piedi 230 chilometri: «Il panico si era diffuso tra la gente quando si è sparsa la voce che Boko Haram stava per arrivare. Tanti sono scappati e io li ho seguiti anche se mia madre non ha voluto andarsene».
Sauki non sa dove si trovi ora sua madre ma una donna le ha detto di averla vista nei boschi: «Le ha chiesto del cibo, ma non so di più. Non ha un telefono e non so come rintracciarla».
I terroristi islamici hanno conquistato in due mesi una decina di città nello Stato di Adamawa e Borno, la cui capitale, Maiduguri, è stata quasi accerchiata (mappa a fianco). I rifugiati hanno anche poche speranze di tornare alle loro case, visto che da qualche mese i terroristi hanno cambiato strategia: le città conquistate non vengono abbandonate ma presidiate per creare un califfato e la bandiera nera jihadista viene fissata sugli edifici principali.