Riporto il commento del Corriere della Sera all’approvazione da parte del Senato francese del matrimonio per le coppie dello stesso sesso: in Italia «è indecente (…) che per ragioni sessuali non sia concesso a una persona assistere in ospedale il suo compagno o la sua compagna in fin di vita. Ma perché ciò accada bisognerebbe che la politica riprendesse possesso delle sue funzioni». Qui di indecente c’è solo l’ignoranza di chi ha affrontato il tema sul più autorevole quotidiano italiano. Secondo il quale noi vivremmo in una nazione incivile dove una legge crudele, condizionata dal cattolicesimo più retrivo, incaricherebbe i carabinieri di allontanare il convivente che assista il partner gravemente ammalato.
Potrei conoscere gli estremi di questa legge? Sul punto esistono delle norme, ma vanno nella direzione esattamente opposta. Per esempio, la legge 91/1999, in materia di trapianti di organi, prevede che «i medici (…) forniscono informazioni sulle opportunità terapeutiche per le persone in attesa di trapianto (…) al coniuge non separato o al convivente more uxorio». Costui è coinvolto in una decisione non da poco riguardante la salute del partner, e poi non potrebbe assisterlo durante la degenza? Ancora: la legge 53/2000 riconosce a ogni lavoratore permessi retribuiti per decesso o per grave infermità del coniuge, del parente entro il secondo grado e del convivente, parificando dunque quest’ultimo ai familiari.
Se, come dice il presidente della Corte costituzionale, «bisogna regolamentare i diritti delle coppie omosessuali nei modi e nei limiti più opportuni», il punto di partenza è verificare quanto sia già regolamentato; c’è il rischio di rimanere sorpresi. Se si vuol giungere alla parificazione per legge di ogni tipo di unione, basta dirlo, senza mistificare la realtà, così che la scelta del legislatore sia la più consapevole possibile.