Caro direttore, sono una milanese che da dieci giorni non può partecipare alla Messa e, specialmente, non può ricevere la Santa Comunione. Questa situazione mi pesa, ma, in spirito di obbedienza verso i nostri vescovi lombardi, cerco di viverla come una mortificazione richiesta in questa davvero speciale Quaresima.
Ieri, però, leggendo sull’inserto milanese del Corriere della Sera che alcuni musei cittadini riaprono al pubblico, seppur con le dovute precauzioni, mi sono chiesta se, per caso, le esigenze spirituali del popolo di Dio non siano sottovalutate. Ho sentito con piacere il sindaco Sala sottolineare in televisione, qualche sera fa, l’importanza della cultura per la stessa tenuta del tessuto sociale: ma, a maggior ragione, mi pare, si deve dare alle persone, ai cattolici, la possibilità di sostenere la vita di fede, proprio in questi momenti di confusione, di incertezza, di paura. Certo che si può pregare a casa: ma è come dire che i quadri di Georges de La Tour possono essere apprezzati anche in Internet, o in collegamento TV.
Le Messe feriali non mi pare abbiano di norma un’affluenza massiccia di popolo; si possono prescrivere precauzioni – niente segno della pace, niente acquasanta, Eucarestia solo sulla mano, stare il più possibile distanti l’uno dall’altro –: ma perché togliere questo aiuto a chi, responsabilmente e liberamente (proprio come la decisione di andare a una mostra…) vorrebbe andarci?
Alda Maria Vanoni
Foto Ansa