Meeting. I numeri di san Matteo, il peggior peccatore di tutto il Vangelo
[pubblicita_articolo]Quello che accadde dopo fu l’irrompere della semplicità: «“Gesù vide un uomo chiamato Matteo seduto al banco delle imposte, e gli disse: ‘Seguimi’. Ed egli si alzò e lo seguì”. Nella manciata di parole con cui l’evangelista racconta il suo personalissimo incontro con Gesù, avvenuto nel caos delle vie di Cafarnao, c’è tutto, c’è una buona notizia sconvolgente: il destino si riconosce, incontra e ha il volto di quell’uomo che ha appena guarito il paralitico». Una “buona notizia” sconvolgente, un Vangelo in un istante insomma – e chissà se già allora non fosse chiara al gabelliere la missione, specialissima, che gli sarebbe stata affidata dal maestro, di evangelista –. Ciò che è certo, è che in quell’istante c’è posto per tutto, la storia di un uomo che è la storia della salvezza del mondo, e di tanti altri uomini, pubblicani o pescatori, che a quella chiamata risponderanno offrendo il racconto di cui sono capaci, sia esso traboccante dell’olio e degli squarci di luce di Caravaggio o dell’implacabile bianco e nero di Pasolini. C’è posto insomma per la testimonianza del creativo e questo a Otello Cenci, regista teatrale, attore, conduttore, autore e, dal 1998 direttore artistico del Meeting di Rimini, piace moltissimo: «“Seguimi” – ripete il regista –, Gesù non offre a Matteo un’alternativa, lo chiama quasi all’ordine ed egli, senza formulare alcun calcolo, si alza. Un istante che vale uno spettacolo». E proprio a “Matteo, ragioniere di Dio” è intitolato il monologo teatrale scritto da Giampiero Pizzol e interpretato da Andrea Carabelli di cui Cenci ha curato la regia: «Ci eravamo lasciati, Giampiero ed io, lo scorso Meeting con una promessa: continuare a raccontare la vita di Gesù attraverso gli occhi dei suoi amici. “Il mio nome è Pietro”, interpretato dal Barabba della Passione di Mel Gibson Pietro Sarubbi, che portava in scena la traboccante umanità piena di difetti del pescatore della Galilea, aveva avuto una straordinaria risposta di popolo».
Lo spettacolo di quest’anno andrà in scena giovedì 28 agosto alle 21.30, presso il Teatro Ermete Novelli. Ma essere fedeli alla semplicità di quel “Seguimi” è tutt’altro che semplice: «Metterci nei panni di Matteo significa ancora una volta fare la nostra parte, alzarci e portarlo a quanta più gente possibile. Questo ci impone di lavorare quasi in assenza di scenografia, puntare tutto sull’interpretazione e le doti dell’attore; tutto il necessario deve stare, per forza, nello spazio di un’automobile. Ma per chi fa questo mestiere una condizione che ti va stretta spesso può diventare una grande possibilità».
A qualcosa di simile deve aver pensato Pizzol, autore, attore e cabarettista, quando decise di misurarsi con il primo evangelista, quello che tra i sinottici, scrive l’abate Giuseppe Ricciotti nel suo Vita di Gesù Cristo, «è quello che concede il più ampio spazio alle parole di Gesù, le quali occupano circa tre quinti dell’intero scritto». Praticamente il patrono di tutti i suoi colleghi scrittori. «Cercavo una figura opposta a Pietro, il capo degli apostoli, l’indistruttibile anello debole che Chesterton definiva “un pasticcione, uno sempre fuori posto, un pauroso”. Matteo era un uomo di numeri, razionale e poco affettuoso, un ragioniere insomma, eppure Gesù lo preferì a tutti per farlo armeggiare con calamaio e pergamena. E noi lo scoprimmo capace di immensa poesia. Solo in Matteo troviamo espressioni quali “Chiesa” e “Regno dei cieli”, ma anche “osservate come crescono i gigli del campo”, “il suo volto brillò come il sole”. Espressioni che servono sì al racconto del Vangelo, ma anche al racconto di una “primavera” dell’individuo, della ragione che si apre alla fede, la fioritura di un ceppo arido – del mestiere di esattore restano ampie tracce nel suo Vangelo, dove è citata ciascuna moneta col proprio nome e valore – dove ogni calcolo si scioglie nello spazio di un “Seguimi”». Un miracolo tutto personale che il testo di Pizzol, sempre capace di incalcolabile umanità e ironia, avvicina e rende possibilità per tutti, lasciando emergere, passo dopo passo, l’inadeguatezza che il piccolo
L’umile gregario dei dodici
Per dirla alla Testori, supremo cantore dell’atto di amore infinito dell’incarnazione di Dio, «basta amare la realtà, sempre, in tutti i modi, anche nel modo precipitoso e approssimativo che è stato il mio. Ma amarla». Scriveva dunque san Matteo, che si intendeva solo di numeri ma che quel giorno non aveva fatto i conti con l’arrivo di Gesù, «si alzò e lo seguì». Senza esitazione. «Si può amare e temere lo spazio di un istante che decide una vita intera?». Andrea Carabelli non è nuovo all’irrompere nella storia dei miracoli di Gesù, della misericordia che strappa gli ultimi all’abisso del nulla: lui, attore e regista teatrale, cultore non a caso di Testori, ha vestito i panni di un venditore di vini alle nozze di Cana e di Giuda Taddeo sulla riva del lago di Tiberiade – in Testimoni, due monologhi scritti per lui da Luca Doninelli – prestato la sua voce a Dante, portato in scena Carver, Pontiggia, Bernhard e Péguy. Ma san Matteo è ancora di un’altra pasta, «Matteo è un pubblicano, il più citato insieme alle prostitute tra gli infimi del tempo. Forse la peggior specie di peccatore e certamente, in quanto uomo di numeri e aritmetica, lontano anni luce dalla mia sensibilità. Eppure, è capace di un gesto che decide la storia e che mi sfida continuamente mentre provo e riprovo a portare in scena la sua storia: si alzò e seguì Gesù senza esitazione. Sulla scena è lo spazio di un attimo, ma in quell’attimo che dilata il tempo e lo spazio Matteo giudica 40 anni di vita passata e i 40 anni di vita che verranno. Non esegue un calcolo, ma compie un atto di amore e quell’atto investe tutto quello che accadrà poi, quando non sarà più Matteo il pubblicano, ma Matteo dei dodici». Carabelli, «da umile gregario come era Matteo», sta ancora «indossando e abbottonando il vestito», per dare forza all’umanissimo peccatore di Cafarnao e portare al Meeting quell’istante accaduto duemila anni fa. L’istante che travolse la vita di un uomo che tutto aveva messo in conto ma non di scrivere il primo Vangelo.
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1 commento
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Grazie a Dio. La salvezza è per tutti, letteralmente per tutti.
Matteo, pubblicano e peccatore, la samaritana assetata e con tanti mariti, la Maddalena, quel pubblicano che in fondo al tempio, cosciente della sua miseria, non è capace neanche di alzare il capo, e così tanti altri. Grazie a Dio.
Anche oggi, Papa Francesco, continua a ripetere che tutti possono sperimentare la misericordia di Dio.
Dio non si stanca mai, cerca tutti, vuole incontrare tutti come leggevamo ieri della cacanea che si accontenta di briciole. Ma Gesù non dà delle briciole, Egli dona tutto se stesso e a tutti, nessuno escluso.