Fino a ieri un po’ si faticava a comprendere la giravolta della Lega Nord, che nel giro di poche ore era passata dal firmare un nuovo patto col Pdl (Roberto Maroni in via dell’Umiltà, nella sede del Pdl, con Angelino Alfano e Roberto Formigoni) allo staccare la spina al governatore lombardo. Soprattutto, sorprendeva che un leader come Maroni si facesse mettere sotto schiaffo dalle richieste della base (capeggiata dal fegatoso Matteo Salvini). Ma chi comanda nella Lega? E’ una domanda, che – politicamente – anche dopo gli ultimi sviluppi non può rimanere inevasa.
PATTO. Questa mattina sul Corriere della Sera appare un’intervista a Maroni, che aiuta a comprendere quale ritorno ci sarà per Maroni. Il nuovo leader del Carroccio cerca di giustificare la rottura del patto: «Era su tre punti – dice al Corriere: l’azzeramento dell’attuale giunta, una nuova legge elettorale, l’approvazione della legge di bilancio entro Natale. Cose che io torno certamente a sottoscrivere anche ora. E dunque, la Lega non ha rotto alcun patto. Io non ho preso alcun impegno per arrivare al 2015».
IO, AD ESEMPIO. Maroni dice anche che lui stesso, come la base, voleva subito rovesciare il tavolo, ma che non lo ha fatto perché «l’esperienza di governo degli ultimi dieci anni in Lombardia è un’esperienza di successo. Un’esperienza che può e deve continuare. In secondo luogo, il far cadere la giunta avrebbe significato rompere l’alleanza e consegnare la Regione alla sinistra. E non è questo quello che vuole la Lega».
E cioè, con chi dovrebbe continuare l’esperienza lombarda? Ma con Maroni stesso, ovviamente. «La Lega certamente aspira a indicare come presidente della Regione un suo uomo. La massima ambizione di un federalista, senza dubbio, è quella di poter governare la propria Regione. Per quanto mi riguarda, ne sarei onorato, e posso anche dire che sarebbe per me certamente più importante e gratificante che non fare il ministro. Posso dirlo, visto che ministro sono stato già tre volte. Ma è ovvio che non sarà certo questa la condizione per la prosecuzione dell’alleanza. Non è certo una questione personale».
E BERLUSCONI? E Berlusconi? E Alfano? Maroni dice di aver sentito «tutti e due. E li ho trovati entrambi preoccupati per questo irrigidimento del governatore. Ed entrambi consapevoli della necessità di trovare una soluzione concordata per questa crisi». E Formigoni? «Vorrei ricordargli che non c’è stato alcun tradimento da parte nostra, ma in queste condizioni continuare come nulla fosse era impossibile. In Lombardia siamo alleati e la Lega non ha rotto questa alleanza, che anzi può continuare. Ma la sola idea di contiguità con la ‘ndrangheta è insopportabile e richiede la massima discontinuità».
Ora si tratta di vedere le contromosse del Pdl e di come deciderà di giocare la partita. Gabriele Albertini è un ottimo candidato, ma un eventuale discesa in campo di Maroni mette tutto in discussione. Forse su quelle “soluzione concordata” di cui parla Maroni, Berlusconi e Alfano non hanno fatto bene tutti i conti.