Alla fine la notizia arrivò. A Palermo è indagato anche Marcello Dell’Utri (estorsione ai danni di Silvio Berlusconi) nell’indagine sulla presunta trattativa Stato-mafia. Un’indagine che ormai pare diventato il salotto buono dell’Italia per i tanti nomi illustri che coinvolge, direttamente o meno. Mario Mori (ex numero uno del Ros e del Sisde, imputato a Palermo e anche indagato per il reato di violenza o minaccia a un corpo politico), gli ex ministri Nicola Mancino (ministro degli Interni nel biennio 1992-’93, poi vicepresidente al Csm, indagato per falsa testimonianza), Giovanni Conso (Guardasigilli nel 1993, indagato per false informazioni al pm), Claudio Martelli (Guardasigilli nel 1992, teste d’accusa al processo trattativa), Vincenzo Scotti (Interni, prima parte del 1992, ascoltato in procura come persona informata dei fatti).
Non da indagato ma tirato per la giacchetta, nell’indagine sulla trattativa è entrato pure il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, intercettato in conversazioni telefoniche con Nicola Mancino). Poteva mancare, dunque, Marcello Dell’Utri, che dopo tutto è ormai entrato in tutte le indagini siciliane che contano (a parte il processo in cui è imputato per concorso esterno a Palermo, è stato indagato come mandante delle stragi del 1993 a Firenze, posizione poi archiviata. Indagato come mandante della strage di via D’Amelio anche a Caltanissetta, posizione di nuovo archiviata)? Ovviamente no, e così ecco arrivare come una saetta il nuovo capo d’accusa, dopo tutto atteso da almeno tre anni nell’indagine sulla trattativa: da ieri, vigilia della strage di via d’Amelio in cui fu ucciso Paolo Borsellino, Marcello Dell’Utri è indagato per estorsione ai danni di Berlusconi.
Sono sospetti, secondo i pm di Palermo (Ingroia, Di Matteo, Sava, Guido, Del Bene), alcuni prestiti infruttiferi da 40 milioni che Berlusconi gli avrebbe fatto negli ultimi dieci anni. Diciotto milioni di euro, in particolare, versati da Berlusconi alla vigilia della sentenza di Cassazione (che ha annullato con rinvio lo scorso 9 marzo la condanna in appello di Dell’Utri per concorso esterno) per acquistare una villa sul lago di Como che apparteneva al senatore. La reazione di Dell’Utri la si può leggere in una scoppiettante intervista a Repubblica di oggi, in cui il senatore, quasi divertito, si toglie alcuni sassolini dalle scarpe. «Berlusconi vittima? Ma allora perché non denuncia?» replica il senatore: «L’accusa di estorsione è una cosa ridicola, senza senso, frutto di fanatismo e prevenzione. Io non ho mai ricattato nessuno. Forse mia moglie mi ricatta quando la mattina mi chiede piccioli? Quest’indagine nasce solo dall’annuncio del ritorno in campo di Berlusconi». E allora il flusso di soldi sospetto per i pm? «Io non ho mai ricattato nessuno, meno che mai il mio amico Silvio. Ho costruito un impero per Berlusconi e forse di soldi me ne deve ancora». E i soldi della villa? «Qui sono pazzi (i pm di Palermo, ndr.), non capiscono un cazzo. La vendita della villa non c’entra nulla con la sentenza di Cassazione. Quella villa era in vendita da due anni e il suo valore è di 30 milioni di euro. Io a Berlusconi l’ho venduta a 20, gli ho fatto un regalo. La verità è che qui a Palermo vivono in un altro mondo».
Quale mondo, e come si viva da pluri-indagato-imputato Dell’Utri lo dice subito dopo: «Io ogni volta che vengo qui penso di essere un’altra persona e questo sdoppiamento di personalità è quello che mi salva perché se pensassi di essere il Marcello Dell’Utri che loro vorrebbero che io fossi ci sarebbe da spararsi. Il problema è che qui non si finisce mai». Ora si resta in attesa di chiarire dunque la nuova vicenda giudiziaria e le prove a fondamento delle accuse: certo è che, dalla prima lettura, qualche domanda viene da porsela considerato che tutti i flussi di denaro Berlusconi-Dell’Utri sono avvenuti con bonifici trasparenti e normalmente pizzo o estorsioni non vengono certo effettuati con pagamenti tracciabili e alla luce del sole. Dell’Utri si preoccupa? «Lo scriva pure – replica il senatore alla giornalista di Repubblica –, non me ne frega un cazzo, mi manca solo l’accusa di pedofilia. Ho il mio processo a cui pensare (si è appena riaperto in appello quello per concorso esterno a Palermo, ndr.) anche se non credo che verrò più. Questa corte sembra fatta da persone serie e io nonostante tutto, nonstante i 18 anni passati ad andare e venire da questo palazzo di giustizia, ho ancora fiducia nella giustizia. Sono malato? Forse sono da ricoverare. Insieme ad Ingroia però, perché i pazzi qui siamo due. Il vero scandalo è che sono passati vent’anni è ancora non ci sanno dire come sono andate le cose nel 1992, chi ha ucciso Falcone e Borsellino. Siamo stati io e Berlusconi? O magari Mancino? Si occupino di questo». Congedando la giornalista, Dell’Utri sale a bordo di un taxi per dirigersi in tribunale: «Come devo dire? “Palazzo dell’ingiustizia”?». E poi, largo alla citazione colta: «Primo libro di Platone: come diceva Polemarco, la giustizia è un’arte per aiutare gli amici e perseguitare i nemici. Per il futuro, come diceva Montale, “Un imprevisto è la sola nostra speranza”».