
Lombardia fase 2. Un contributo di Medicina e Persona

Medicina e Persona, associazione di professionisti che lavorano a diverso titolo in Sanità, in questo momento in cui è a tema la cosiddetta “fase 2” dell’emergenza COVID19 in Lombardia, intende con questo documento, offrire un contributo positivo al Decisore istituzionale, che nasce dall’esperienza vissuta “in prima linea” dai suoi associati in questi drammatici ultimi 2 mesi.
1. La “FASE 2”: NON PIÙ LIBERI TUTTI, MA PIÙ ATTENTI TUTTI
Tutti i professionisti, che hanno vissuto lo tsunami della pandemia, concordano sulla assoluta necessità di una informazione univoca e chiara allo scopo di mantenere alta nella popolazione la consapevolezza del rischio reale ancora altissimo legato alla circolazione del virus. Deve essere continuamente ed univocamente richiamato che la “Fase 2” non significa affatto “liberi tutti” ma “più attenti tutti”, pena l’azzeramento in termini di efficacia anche dei recenti provvedimenti assunti da Regione Lombardia, le cosiddette 4 D: (Diagnosi, DPI, Distanza e Digitale). Mantenere questa consapevolezza nei cittadini lombardi deve essere obiettivo obbligato per la politica e per i media, con adeguate motivazioni supportate dai tecnici, ed è necessario suscitare la responsabilità delle persone. Tale messaggio deve diventare l’obiettivo di queste settimane e prevalere su ogni altra polemica (per es. tra Stato e Regione), ed è infinitamente più importante rispetto alla definizione della data e delle modalità di ri-apertura. È altresì importante mantenere tutte le forme di controllo tese alla verifica del rispetto delle norme di comportamento da parte delle forze dell’ordine.
2. UNO SFORZO PER TRACCIARE CONTAGIATI E CONTATTI
Non si può prescindere oggi da un esteso tracciamento dei contatti e dei contagiati. Sappiamo ormai bene che esiste un elevato numero di asintomatici e paucisintomatici che espandono il contagio. Tale lavoro di identificazione e tracciamento è condizione indispensabile per consentire lo svilupparsi della Fase 2 in sicurezza. Oggi, superata la fase critica e drammatica iniziale, è possibile accelerare su questo fronte grazie allo sviluppo sia di strumenti di diagnostica che tramite l’utilizzo di applicazioni informatiche. I dati epidemiologici che se ne ricaveranno serviranno a guidarci alla riapertura e insieme a sviluppare buone strategie sanitarie difensive in caso di nuovi focolai. In particolare, riteniamo che:
- la ricerca della presenza del virus in PCR su tampone (sia con metodo convenzionale che con i nuovi metodi più rapidi) dovrà essere considerata non solo per la diagnosi di casi clinicamente evidenti, ma applicati per la ricerca di soggetti infetti a- o pauci- sintomatici
- la ricerca degli anticorpi nel siero (con metodi validati) è il segnale di avvenuto incontro col virus e potrà orientare anche il ritorno al lavoro per i sanitari e gli altri lavoratori
- la ricerca degli anticorpi anti S nel siero (neutralizzanti) per la verifica di una effettiva immunizzazione.
In tale direzione è fondamentale allargare la possibilità di richiedere o effettuare i vari test anche sul territorio ed utilizzare la rete della Medicina Generale.
3. NON OSPEDALI COVID VS COVID “FREE” MA OSPEDALI ANTI COVID
Tutti i professionisti che hanno vissuto la “trincea” della pandemia, hanno fatto l’esperienza reale di come i nostri Ospedali non fossero preparati ad affrontarla, non solo culturalmente ma anche strutturalmente ed organizzativamente. Una pandemia di tali proporzioni non rientrava nell’ambito del possibile.
Occorre ora, nell’imminenza della fase 2, da un lato fornire alcune regole di indirizzo generale per riaprire alla cura delle patologie “non covid”, ma occorre pure assolutamente evitare rigidità eccessive, riconoscendo la necessità (in caso di recidiva di casi) di risposte locali che tengano conto del contesto in cui gli ospedali si muovono.
PRONTI SOCCORSO
Una attenzione particolare e un ripensamento va subito fatto sui Pronti Soccorso, approfittando di questi mesi per adeguare le strutture di accesso all’ospedale, spesso obsolete e tali da rendere impossibile la separazione dei percorsi di cura già all’ingresso. Le tensostrutture esterne dove effettuare triage e diagnostica di base per i casi sospetti potrebbero diventare una soluzione da preparare per l’autunno, in attesa degli indispensabili adeguamenti strutturali in molti ospedali.
PERCORSI PRE ED INTRAOSPEDALIERI
Sarà obbligatorio cercare di separare i percorsi per pazienti sporchi/ puliti, ma attenzione all’illusione di avere Ospedali o Reparti “COVID free”. In tale direzione e per molti mesi tutti gli operatori dovranno lavorare su pazienti potenzialmente covid (e quindi adeguatamente protetti), ed organizzare per quanto possibile possibilità di letti isolati (anti COVID strategy).
PERCORSI PER I DIMESSI
Occorre individuare strategie, coordinate da linee di indirizzo comuni, orientate a fornire indicazioni clinico-organizzative adeguate alle diverse tipologie di pazienti dimessi. Sono inoltre da considerare le proposte di attivare ambulatori specifici ed equipe multi-specialistiche territoriali dedicate in rapporto con i MMG.
LE URGENZE DELLE PATOLOGIE NON COVID
Lo schema Hub e Spoke applicato per le patologie oncologiche e “tempo dipendenti”, come esempio di modalità unica di centralizzazione, nel periodo di emergenza non può diventare uno schema rigido e disperdere il patrimonio di competenze diffuse nella rete ospedaliera lombarda. I dati relativi al periodo emergenziale documentano già un incremento della mortalità “non COVID” legata alla perdita di riferimento per tali patologie alla rete ospedaliera.
4. UNA NUOVA SANITA’ TERRITORIALE: RIPRESA E RISORSA
Nelle prime settimane di pandemia abbiamo tutti affrontato con forza, quasi con disperazione, l’emergenza sanitaria acuta, facendo leva sulle risorse degli ospedali. Ma si è palesato, giorno dopo giorno, che ciò non è sufficiente per contrastare l’epidemia e neppure per affrontare il nuovo volto dell’emergenza sanitaria che è la sequela delle migliaia di pazienti dimessi. Ora che si registra una flessione dei ricoveri, è emerso, con maggior evidenza, quanto già chiaro nella cura dei pazienti cronici: la necessità di una stretta cooperazione tra rete ospedaliera, MMG e risorse sanitarie territoriali. Di qui può nascere una nuova sanità, che solo per convenzione organizzativa denominiamo territoriale, ma che è in realtà unica, in quanto unico è il paziente che richiede cure e assistenza coordinate sia al domicilio sia nella fase di ricovero.
È necessario in questa fase, ancora emergenziale, che si crei un “passaggio di consegne” immediato, efficace, stabile nel tempo e bidirezionale tra specialisti ospedalieri, MMG e gli operatori di tutte le professioni sanitarie per rispondere ai nuovi bisogni dei pazienti Covid. In questa situazione vi è l’occasione e il dovere di permettere che si creino, in base ai contesti specifici e alle disponibilità reali di tutti gli operatori, forme efficaci di comunicazione e integrazione.
Occorre quindi da ora preparare una strategia di affronto della nuova fase che preveda:
- Definizione di Linee Guida adeguate e condivise
- Strumentazione adeguata (DPI, saturimetri, tamponi al domicilio etc.)
- Ricettazione dei farmaci validati
- Creazione di canali preferenziali vs Ospedali
- Meeting sistematici di aggiornamento
- Accesso a diagnostica
- Ripensamento delle USCA con coinvolgimento diretto dei MMG e di specialisti ospedalieri
- Strategie condivise per la gestione dei pazienti dimessi e guariti
Le ATS potrebbero e dovrebbero garantire coordinamento e supporto reale a tale sforzo di ricostituzione di una medicina efficace del territorio e in un’ottica di azioni preventive mirate.
Territorio significa anche attività domiciliari, servizi di salute mentale e per la disabilità, comunità, residenze socio-sanitarie: reti forti, che devono continuare a operare con la presenza “fisica” del personale di cura.
5. TERAPIA E RICERCA
Proprio in un contesto di assenza sin qui di terapie dimostrate efficaci, sentiamo urgere l’appello della necessità della cura, condizione per un continuo sviluppo di conoscenza circa la fisiopatologia dell’infezione (così come già avviato da tutte le principali riviste scientifiche internazionali): occorre facilitare e promuovere il più possibile lo sviluppo di progetti di ricerca di qualità e la comunicazione/condivisione delle stesse.
Pensiamo sia oggi chiaro a tutti – ma occorrerà non dimenticarsene – che i protagonisti della cura sono gli operatori sanitari negli Ospedali e sul territorio, e che tutto quanto è gestione, organizzazione, istituzione regionale, economia delle risorse, etc. ha come scopo primo di rendere più facile e meglio eseguibile il loro lavoro professionale. Mai come oggi è chiaro che la cura è qualcosa di più di una serie di prestazioni!
Tra l’altro, se la relazione tra persone è fattore essenziale alla cura come alla vita, occorre attenzione a fondare progetti di prevenzione “positivi”, cioè basati non solo sull’evitamento dei contatti e la fobia dell’altro.
Abbiamo per necessità, in questi mesi, sperimentato una “medicina di guerra” che è stata eccessivamente semplificatrice, dobbiamo tornare gradualmente ma rapidamente a ricostituire un tessuto professionale di nuovo concentrato sulle competenze e che ritorni a gestire la complessità clinica.
I luoghi che hanno meglio risposto allo tsunami (e che meglio stanno preparando la riapertura) sono stati quelli dove i professionisti in prima linea, sono stati coinvolti nelle decisioni, scelte e proposte, riorientando strutture e normative in base a quello che man mano la realtà domandava.
Foto Ansa
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