
Calcio, quando il giovane diventa ideologia. Lo sciopero della Lega Pro
«Gioca chi merita», «No, spazio ai giovani». Le spaccature in Serie C s’acuiscono e la prima giornata in programma il prossimo weekend salterà se i calciatori non dovessero ritirare la decisione di scioperare. La posizione dell’AIC è dettata dalla contrarietà ai nuovi regolamenti introdotti dalla Lega Pro in merito all’utilizzo dei giovani: la norma contestata prevede una distribuzione di contributi freschi a fronte di un’età media della squadra in campo, pari a 25-26 anni per la Prima Divisione, 24-25 per la Seconda.
A nulla sono servite le leggere modifiche apportate all’ultimo dalla Lega, ovvero la riduzione da 11 a 10 del numero di calciatori su cui calcolare la media e il leggero innalzamento della soglia d’età. E mentre dai campi di Serie C di tutta Italia si prospetta uno stop radicale, il presidente di Lega Pro, Mario Macalli minaccia il 3-0 a tavolino per chiunque non scenderà in campo, acuendo il muro contro muro cui il dibattito è arrivato.
I DATI DI UN CAMPIONATO IN ROSSO. Anzitutto, è utile dare un’occhiata alle cifre in questione. I contributi di cui si parla s’aggirano attorno ai 3 milioni per la Prima Divisione e ai 5 per la Seconda: calcolatrice alla mano, si parla di 100 mila euro a squadra. Una cifra abbastanza ridotta (basti pensare che un club di Prima Divisione spende ogni anno più di 2,5 milioni in tutto), ma che alle squadre fa comunque gola, vista anche la grande attenzione che la Lega terrà dalla prossima stagione ai conti dei club (non dimentichiamoci che negli ultimi tre anni sono fallite 63 squadre, e i punti di penalizzazione per irregolarità dei club ben 145) e visto che di risorse economiche, là dove i diritti tv sono briciole rispetto alle serie maggiori, sono decisamente scarse.
COS’È LA LEGA PRO? Questo lo scenario. Le cifre forse sembrano avere poco a che fare con il “discorso giovani”, ma l’evidente stato di crisi dell’intera categoria spalanca domande che abbracciano anche il problema che ha portato allo sciopero di questo week-end: che cos’è la Lega Pro? È l’espressione della ricchezza calcistica della provincia italiana? Oppure il vivaio cui le grandi squadre di A e B possono attingere, alla ricerca del giovane di valore di casa nostra?
È lo stesso sistema che non sa rispondere: di ragazzi che qui si mettono in mostra e che vengono promossi nelle categorie maggiori ce ne sono, ma a fronte di ciò manca un adeguato ritorno economico dall’intera struttura calcistica italiana, che offre supporti minimi alla categoria (la Legge Melandri sui diritti tv accorda solo il 3% del ricavo totale alla vecchia Serie C). E per decisione degli stessi organi di Lega Pro nessuno intende trasformare questa serie in un “campionato riserve”, con squadre satelliti di club più importanti e infarcite degli esuberi provenienti dalle serie maggiori.
DI TALENTI NE ESCONO TANTI. La formula ideale vedrebbe nei club di Serie C delle entità autonome, che sanno mixare nella misura più giusta giovani prestiti dai grandi club e i talenti provenienti dai propri vivai con l’esperienza dei giocatori più anziani, che magari nelle serie superiori non riescono più a trovare spazio. Che in Italia ci sia un problema sistematico con lo spazio concesso in squadra alle leve più verdi è vero, ma affidarsi all’“ideologia del giovane” è la risposta meno realistica che si possa dare: il livello della categoria si abbassa e con esso quello dei talenti freschi che vi giocano.
Chi merita riesce ad emergere, e di esempi ce ne sono tanti: da Torricelli a Grosso, da Hubner a Riganò, e di recente Diamanti, Sirigu, Verratti, Sau, Insigne, tutti finiti in Nazionale. Giusto che la Lega pensi ai giovani e provi a valorizzarli. Ma ci sono tanti ragazzi che sono poco più anziani ma meno conosciuti, e che con questa nuova norma rischiano di rimanere senza squadra (e quindi senza lavoro. Perché nessuno pensa a loro?
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