L’atteso (e fruttifero) riscatto del Celtic, tutto cuore e muscoli

Di Emmanuele Michela
06 Dicembre 2012
Quanto contava per la squadra di Glasgow tornare tra le grandi 16 d'Europa? La vittoria di ieri sullo Spartak Mosca ha un significato ben più ampio del semplice risultato sportivo.

Poco spettacolo, tante emozioni. Ma una vittoria, proprio per questo, che ha ancora più stile: il 2-1 con cui ieri il Celtic ha staccato il biglietto per gli ottavi di finale di Champions è uno spot perfetto per il pallone in salsa british, nerboruto, passionale e poco pomposo. Nulla che ricordi minimamente il Barcellona e il suo tiki taka, un gioco veloce e fantasioso, vibrante e pulito. Ma non può essere semplicemente un caso il fatto che, giusto un mese fa, gli scozzesi battevano in casa loro proprio i catalani, al termine di un match che definire eroico è poco (basterebbe pensare all’84% di possesso palla imposto dai blaugrana), e facendo un bel passo avanti verso l’agognato traguardo raggiunto ieri.

VINCERE LA PAURA. Contro i russi ieri sera c’era paura: il gelo pungente sembrava poter prevalere e ingabbiare le gambe degli Hoops, costretti a fare del loro meglio con la testa e le orecchie dritte verso il Camp Nou, dove il Benfica, rivale per il secondo posto del girone, se la vedeva proprio contro il Barça. Non faceva tanto paura l’avversario, ormai ultimo nel gruppo e privo di qualsiasi ambizione europea, quanto il timore di non farcela, non riuscire a fare quel passettino che avrebbe significato tornare ad essere grandi dopo anni fumosi, riabbracciare la fase a eliminazione diretta della Coppa da cui il Celtic mancava dal 2007-08. Ma alla fine il cuore ha prevalso, e a portare gli uomini di Lennon avanti sono stati due gol, certo non belli, ma dal sapore particolare: il primo firmato dal bomber Hooper, il secondo un rigore dello scozzese Commons. Entrambi propiziati dal greco Samaras.

RISCATTI SINGOLI… E fa specie pensare a questo 27enne ellenico, emblema di una squadra che fa del riscatto il cibo cui più brama. L’attaccante prima di arrivare a Glasgow giocava al City, dove però aveva combinato poco, vedendo il suo valore di mercato svilirsi enormemente. Segna poco in Scozia, ma per quanto spesso si dice che debba partire, ormai da tanti anni è qui. Come lui c’è anche il bomber Hooper, 24 anni, che ha lasciato il calcio inglese senza che quasi nessuno si accorgesse di lui, quando lo Scunthorpe lo vendette al Celtic per pochi milioni. Oppure Fraser Forster, portierone protagonista della doppia sfida col Barcellona, arrivato a Parkhead nel 2010 dopo un lungo vagare in prestito a club di bassa fascia tra Championship e League One.

… E COLLETTIVI. Ma il riscatto più grande lo cerca tutta la società e tutta la squadra, svilita negli ultimi anni dai risultati mediocri e dalla perdita del rivale storico, i Rangers. La retrocessione dei Gers è stato il colpo decisivo ad un campionato, quello scozzese, dal fascino ahimé sempre minore, come per altro provato già negli ultimi anni dalle tante partenze dei nomi grossi di casa Celtic. L’emblema è stato l’addio di Sung-Jong Ki, finito quest’estate per 6 milioni e mezzo allo Swansea, non certo un top club britannico. All’orizzonte il rischio che crollino anche le sponsorizzazioni tv che tanto denaro fresco buttavano sulla Scottish Premier League, accordi che si reggevano quasi totalmente sulla trasmissione del tanto atteso Old Firm. Il futuro è un’incognita, un po’ meno pesante però dopo ieri. La Champions è un ottimo trampolino per rilanciarsi: i 10 punti accumulati dal Celtic nel girone sono valsi già 12 milioni e mezzo di euro in soli premi partita, senza contare quanto arriverà in cassa dai diritti tv. Non male come riscatto. E la Coppa non è ancora finita, almeno quanto la voglia del Celtic e dei suoi tifosi di tornare grandi. A colpi di calcio british, tutto cuore, muscoli e passione.

Seguici su Tempi Sport

@LeleMichela

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.