La commissione tributaria regionale di Roma ha sanzionato il Gruppo Editoriale L’Espresso al pagamento di 200 milioni d’imposte per alcune vicende risalenti al 1991. A comunicarlo è la società stessa, che in una nota dice di ritenere la sentenza «manifestamente infondata oltreché palesemente illegittima sotto numerosi aspetti di rito e di merito».
Ci si rifarebbe ad un fatto del 1995: all’epoca la Guardia di Finanza fece una verifica fiscale su una fusione tra nomi di peso. Erano l'”Editoriale La Repubblica SpA” e l'”Editoriale L’Espresso SpA”, entrambi parte del “Gruppo CIR” dell’imprenditore Carlo De Benedetti, attuale proprietario della maggioranza delle quote di controllo.
La notizia per come è stata riportata fino ad ora è piuttosto fumosa. Si farebbe riferimento a due notifiche promulgate dall’Ufficio imposte in seguito a tali verifiche, oggi riunite in questo procedimento, e che facevano ammontare la richiesta di danni all’Espresso a 700 miliardi delle vecchie lire. Dal canto suo il gruppo editoriale impugnò tale decisione con l’intento di rivolgersi agli uffici giudiziari di competenza. Un procedimento che finisce fino alla Corte di Cassazione nel 2007, la quale ribaltava la sentenza della Commissione Tributaria del Lazio e rimetteva ulteriori procedimenti ad un’altra sezione della stessa CTR Lazio.
Da qui, ecco la condanna di pagamento. Particolarmente salata: 200 milioni di euro. Ma L’Espresso non ci sta, e fa sapere che la Commissione Tributaria regionale di Roma «si è pronunciata sugli accertamenti emessi dalla Agenzia delle Entrate nei confronti della società per fatti risalenti all’esercizio 1991, condannando parzialmente il gruppo. In particolare ha dichiarato legittima la ripresa a tassazione di 440.824.125.000 lire per plusvalenze, ad avviso della Commissione, realizzate e non dichiarate e di 13.972.000.000 lire per il recupero di costi assunti come indeducibili afferenti a dividendi e credito di imposta, con applicazione delle sanzioni ai minimi di legge e condanna alle spese di giudizio».