«La mia vita con Cate e la compagnia che non finisce più»
Pubblichiamo la testimonianza che Jonata, marito di Caterina Morelli, ha condiviso con il popolo del Pellegrinaggio Macerata-Loreto prima della partenza. Nel 2012, in attesa del suo secondo figlio, Caterina scoprì di avere un tumore aggressivo ed esteso che affrontò con terapie compatibili con la gravidanza. È morta l’8 febbraio scorso, a soli 38 anni, dopo aver fatto della sua vita e della sua malattia «un cammino di fede e d’amore»
Quando ho letto il titolo del Pellegrinaggio (“Non sarai più solo, mai”) ho avuto un contraccolpo fortissimo, perché descrive proprio quello che ha sperimentato, e tutt’ora sperimenta, la nostra famiglia.
Io e Caterina Morelli ci siamo sposati il giorno del suo 31esimo compleanno, dopo anni belli e faticosi, insieme alla nostra prima bambina Gaia. Due settimane dopo le è stato diagnosticato un tumore al seno. Lo stesso giorno fece il test di gravidanza che risultò positivo. Tutti i medici a cui abbiamo chiesto le dissero che non poteva portare avanti la gravidanza e contemporaneamente fare le cure adeguate. A quel punto ci siamo affidati alla Madonna, chiedendo aiuto. Un aiuto che presto arrivò. Dopo poco fummo contattati dall’Istituto Europeo di Oncologia di Milano che ci propose una terapia innovativa compatibile con la gravidanza. Cate sarebbe stata tra le prime 100 donne in Europa a sperimentarla.
Così la nostra Via Crucis cominciò. Un percorso fatto di viaggi a Milano, chemioterapie, interventi chirurgici, pellegrinaggi, preghiere, rosari e una grande compagnia alla nostra vita, fino alla nascita di Giacomo, che nacque sano come un pesce. Al controllo Cate risultò guarita. Fu chiaramente una risposta che la Madonna di Lourdes – che ho iniziato ad amare proprio grazie a Cate – mi aveva dato!
Eravamo convinti che questo calice ci fosse stato allontanato, ma il Signore ci chiese di più, perché dopo due anni e mezzo il tumore tornò. Successivamente le fatiche e le prove aumentarono, le cure erano estenuanti e dolorose. Per altri quattro anni il Signore le ha chiesto sempre di più, fino a chiederle tutto. E lei glieLo ha dato. Non tutto in una volta, ma piuttosto in un cammino, quello della sua croce.
Cate non era perfetta o pia, ma una donna piena di vita che ha lottato fino all’ultimo. La sua Via Crucis però l’ha spinta in luoghi diversi, l’ha portata a capire, come diceva lei, che «veramente tutto è donato, tutto è dono».
In quegli anni Cate aveva attratto tante persone perché aveva fatto della sua vita e della sua malattia un cammino di fede e di amore tali da affascinare tutti coloro che l’hanno conosciuta. E mi ha trascinato con sé nell’avventura della fede e del servizio ai sofferenti e ai malati tanto da farmi desiderare, quattro anni fa, di fare la Macerata-Loreto insieme ai malati. Così, insieme ad un’amica e a mio suocero, ci siamo messi a disposizione dell’Unitalsi, accompagnando alcuni malati al Santuario. Ma fu solo l’inizio per me.
Al funerale di Cate, nella Basilica della Santissima Annunziata di Firenze, c’erano più di 1.500 persone a far festa, con canti e fuochi d’artificio, come voleva lei.
Quando è salita al cielo, l’8 febbraio, c’è stato un vuoto enorme, per tutti noi. Quel vuoto non è mai stato vuoto. È stato colmato con qualcos’altro. Qualcosa che non avverti, se ti muovi troppo bruscamente. Ma se fai attenzione e ti appoggi con delicatezza, ti sostiene. Una compagnia che non finisce più.
Chiaramente l’assenza fisica di Cate pesa, eccome! Ma la presenza del Signore ha portato una strana calma consolatrice in noi. La disperazione non ci ha mai colto. Ci è stato donato uno stato d’animo sereno che riempie il cuore con l’amore di Dio. In effetti, Dio per noi è diventato una presenza quotidiana e palpabile perché abbiamo coscientemente accettato la sua presenza nei nostri cuori e nelle nostre vite. Certo che non sono solo.
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