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La crisi della Serie A e le spese folli del PSG: «È la ventunesima squadra italiana»

Intervista a Federico Casotti, giornalista di Sportitalia e autore di un libro sul club parigino: «Tutti quei soldi tengono in vita il calcio italiano. Ma occhio al fair play finanziario»

Emmanuele Michela
24/07/2012 - 11:15
Sport
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«Ora abbiamo un avversario in più, loro». Lo diceva il tecnico del Chelsea Di Matteo due giorni fa, dopo il pareggio in amichevole contro il Paris Saint Germain. Ibra e Thiago Silva non erano ancora in campo coi transalpini, ma il match si è rivelato comunque un assaggio di Champions League: il club francese cresce, fa grandi colpi di mercato e soprattutto continua a spendere in Italia. Che progetti hanno quest’anno? Perché tutti quei soldi in Italia? Rispetteranno il fatidico fair play finanziario? Domande che abbiamo fatto fuori insieme a Federico Casotti, giornalista di Sportitalia: per questa rete ha seguito lo scorso anno il campionato transalpino, e di recente ha pubblicato un e-book, Parigi non è stata costruita in un giorno, dedicato alla crescita della compagine parigina e ai progetti dello sceicco Al Thani.

Federico, domenica Psg e Chelsea hanno fatto 1-1. Calcio estivo, certo, ma pur sempre un match di alto livello. 
Ci credi al progetto dello sceicco?
È chiaro che si guarda avanti. Anche se il Psg non ha vinto la Ligue 1, l’obbiettivo era di arrivare in Champions, per poi essere sostenuto a livello finanziario in maniera più serena. Se anche fosse arrivato terzo e avesse dovuto fare i preliminari, di certo non avrebbe preso questi tre grandi giocatori adesso. La mancata vittoria in campionato non è stato un fallimento: non dimentichiamoci che il Psg è arrivato secondo, ha vinto solo due titoli in tutta la sua storia e torna in Champions dopo otto anni. È chiaro che son stati fatti degli errori, e la responsabilità è secondo me di Leonardo: si è sottovalutata la Ligue 1, non hanno avuto coraggio di cacciare a inizio stagione il tecnico Kombouaré, e a metà hanno avuto paura che poi vincesse il campionato e non riuscissero poi più a mandarlo via.

Parigi non è stata fatta in un giorno. A guardare la facilità e la rapidità con cui questo sceicco sigla contratti, il titolo del tuo libro sembra un controsenso.
Per quanto il portafoglio senza fondo dello sceicco ti dia la possibilità di costruire una squadra di questo potenziale in poco tempo, cioè due estati, poi però il calcio non è fantacalcio e non è Championship Manager. Non è automatico che la somma di grandi campioni si traduca poi in una superiorità sul campo. Lo insegna anche il Manchester City, che c’ha messo tanto ad arrivare a vincere. Il Psg ha bisogno di tempo per diventare squadra, per ora è solo un aggregato di campioni.

Ma dietro alle mosse di Al Thani c’è un progetto chiaro o è solo una gara ad accaparrarsi il top player?
Bisogna capire cosa s’intende per progetto. Se questo significa costruire una squadra senza guardare all’immediato, o magari dando un minimo di tempo per andare avanti per gradi, allora un progetto c’è. Il Paris Saint Germain aveva la scorsa stagione un obbiettivo minimo, che era quello di tornare in Champions. Quest’anno sicuramente penseranno a vincere la Ligue 1, che non si può perdere un’altra volta, e, credo, arrivare almeno ai quarti di Champions. Lo sceicco non ha mai promesso di vincere questa competizione nel giro di sei mesi: ci vuole pazienza, magari arriverà tra qualche anno. Ecco, il Psg è una squadra costruita per andare avanti a passi, che pur essendo da giganti, restano sempre passi.

A scorrere sui giornali la possibile formazione del Psg del prossimo anno ci si accorge di quanto dici tu da tempo: il club parigino è la 21esima squadra italiana. Si può definire questi movimenti di mercato come l’emblema della crisi del calcio di casa nostra? Cioè c’è un po’ di tutto: l’incapacità di tenere i top player (Ibra, Thiago Silva, Lavezzi), la mancata valorizzazione dei giovani (Verratti, ma anche Sirigu), la scarsa pazienza dimostrata con giocatori abbastanza validi ma lenti ad esplodere (Menez).
Sì, tralaltro in questi giorni pensavo che il Psg stia finanziando in qualche modo la Serie A, ed effettivamente la sta tenendo in vita. Se pensiamo a tutti i soldi che lo sceicco ha pompato in queste due estati sul nostro campionato, solo in minima parte questi sono stati re-investiti. Il Palermo un anno fa incassava 50 milioni per Pastore e Sirigu: non mi risulta li abbia riutilizzati tutti, forse neanche 20. Dal punto di vista del fair play finanziario è ottimo tutto ciò, ma secondo me è il segno di altro: il calcio italiano è talmente indebitato che deve usare tutti questi soldi per tappare questi buchi. Anche il Milan credo farà lo stesso: è difficile pensare che spenderà 20 milioni per un difensore centrale subito dopo aver ceduto Thiago Silva, sarebbe un suicidio. Le uniche squadre che hanno re-investito in maniera pesante i soldi del Paris Saint Germain sono la Juve e la Roma, con le cessioni di Sissoko e Menez. È evidente che il calcio italiano è entrato in una situazione irreversibile, che si affianca anche alla crisi economica che vediamo in queste ore: i soldi sono finiti qui, ora sono da un’altra parte, in Cina, in Russia. Pian piano quei campionati diventeranno più appetibili, non ci saranno più difficoltà ambientali e i calciatori troveranno sempre più facile trasferirsi là. Un altro aspetto è che il Psg non spende questi soldi in Francia, e in questo modo la concorrenza ha tutto da perdere. Se investisse i soldi tra le altre squadre questi avrebbero qualcosa da re-investire: così effettivamente sta uccidendo la Ligue 1.

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Mentre quindi si svaluta il campionato italiano, cresce il potenziale di quello francese. Tu lo hai raccontato quest’anno per Sportitalia. Che impressione t’ha fatto?
La presenza del Psg rischia di danneggiare il movimento calcistico francese: si potrebbe creare un solco troppo netto, difficile da colmare. È vero che in Francia storicamente si sono alternati periodi con squadre dalla facile dominazione (qualche anno fa era il Lione, oppure il Marsiglia di Tapie o il Saint-Etienne di Platini) ad anni dove c’è stata grande alternanza. I giornalisti francesi che ho intervistato per il mio libro mi dicevano: «Sì è vero che c’è il rischio che il Psg ammazzi la Ligue 1, però aspettiamo che vinca il campionato per 2 o 3 anni di fila. Allora ci porremo il problema». In assoluto è un ragionamento giusto, però è evidente che questa situazione è destinata a cambiare. Peccato, perché questo è un calcio ottimo per crescere i giovani: Verratti credo abbia fatto la scelta migliore che potesse fare. Non so se giocherà in Champions, però farà tante partite in Ligue 1, uno dei posti migliori per crescere: lì è come in Olanda, se uno ha talento, anche se è giovane, trova spazio.

Parliamo invece di fair play finanziario. Per il Psg sembra che sia una parola che non esista. Rientreranno nei paletti della Uefa?
Me lo chiedo anche io: continuano a spendere e non cedono. Lo scorso anno avranno incassato 2 milioni in cessioni, non di più. Quest’anno sicuramente qualcuno andrà via (Nené, Gameiro, forse Sakho), ma non tireranno su tanti soldi. Però anche con la massima tolleranza è difficile che riescano a star dentro al fair play finanziario. Quindi, come la mettiamo? Ne andrà sicuramente della credibilità della Uefa. Così com’è, dovrà chiudere la porta in faccia ad un club con appeal enorme, dall’altra deve far rispettare delle regole a tutti, non solo a squadre piccole come Besiktas, Paok e Rangers. Allora il rischio è quello che i grandi club s’impongano con l’idea di costruire una super lega. Però, chi la farebbe? Nascerebbe zoppa, tra le aspirazioni di chi ha soldi e i malumori di chi segue le regole (penso alle italiane e alle tedesche).

Nei giorni scorsi sul silenzio di Platini qualcuno ha ipotizzato che sia dovuto all’impegno del figlio Laurent per la Qatar Sport Investments, società di cui è dirigente e che è branca del gruppo che controlla il Psg. C’è da credere a tutto ciò?
Sicuramente ad altissimi livelli i conflitti d’interessi sono inevitabili. Nepotismo e reti di lobby sono cose purtroppo abbastanza abituali: Platini è francese, sicuramente riceverà pressioni più o meno indirette dai connazionali. Lui però ha fatto del fair play finanziario una battaglia di principio e di credibilità per il calcio europeo e per la sua carriera politica (vuole arrivare a capo della Fifa), per cui credo che finché sarà a capo della Uefa tenterà di essere il più possibile coerente a questa linea.

Se dovessi suggerire ad un club italiano qualche affare transalpino, chi diresti? In questi giorni si parla dell’interesse dell’Udinese per Brahimi del Rennes.
Lui è un buon giocatore. Poi vedo bene per il Milan questo Yanga-Mbiwa, da tanti definito come il nuovo Thuram: però il presidente del Montpellier è un tipo vulcanico e istrionico, quindi non è il massimo per trattare. Se vai a Bordeaux poi ci sono un paio di giocatori che potrebbero fare comodo a squadre italiane di livello medio-alto, e con 10 milioni ti porti a casa due buoni difensori: uno è Ciani. Era in Nazionale con Domenech, aveva già fatto la Champions con Blanc, e ora cerca il rilancio dopo due stagioni un po’ sottotono; l’altro è il terzino sinistro Tremoulinas, che in Italia per l’abbassamento generale del livello farebbe davvero un’ottima figura.

@LeleMichela

Tags: Fair play finanziariofederico casottiibrahimovicLavezziligue 1montpellierparis saint germainsportitaliathiago silvaverratti
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