«La Cgil è contro i voucher perché chi viene pagato così non si iscrive al sindacato»

Di Francesca Parodi
21 Marzo 2017
Secondo il giornalista Cobianchi, la battaglia del sindacato della Camusso «è ideologica, fatta sulla pelle delle persone. Ed è l’ideologia che manderà a picco questo paese»

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Il governo «politicamente» non aveva alternative, ma abrogando gli articoli del Jobs Act relativi ai voucher per scongiurare il referendum promosso dalla Cgil «fa un enorme favore al lavoro nero». Così Marco Cobianchi, giornalista di Panorama e fondatore di #Truenumbers, commenta a tempi.it la decisione del governo Gentiloni. «Dal punto di vista politico, si è trattato di una mossa obbligata perché al referendum, in questo paese di cialtroni, avrebbe senza dubbio vinto il sindacato. Per quanto riguarda i contenuti, invece, l’eliminazione dei buoni è stato il più grande favore al lavoro nero che si potesse fare, e ne sono responsabili il governo e la Cgil insieme». Ma perché la Cgil chiede la cancellazione dei voucher? «La storia dell’abuso di questo strumento contrattuale è solo una scusa. Il vero motivo è che chi viene pagato a voucher non si iscriverà mai a un sindacato. Da quando in qua la Cgil si interessa dei lavoratori autonomi? È solo una questione di interessi e convenienza».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Effettivamente i voucher, riconosce Cobianchi, presentavano un punto debole che chiedeva delle modifiche: «Il valore di ciascun buono era di 10 euro, ma era troppo basso perché al lavoratore andavano solo 7,50 euro, il resto se ne andava in contributi. I voucher dovevano valere almeno 15, se non 20 euro. Il vero sfruttamento non consiste nella mancanza di contratto, ma nella possibilità di sottopagare il lavoratore». C’è di buono che, quando utilizzati in maniera appropriata, i voucher hanno contribuito a far emergere il lavoro nero ed è interessante osservare la mappa del loro utilizzo: «I dati mostrano che i buoni sono molto impiegati soprattutto nelle regioni più industrializzate del paese, come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, mentre un’ampia area del centro-sud si mostra più impermeabile alle incentivazioni per regolamentare il lavoro in nero». Risultato finale della cancellazione dei voucher: «Gli imprenditori onesti si trovano senza un valido strumento di flessibilità, mentre i disonesti continueranno a trovare modi per sfruttare i lavoratori».

Certamente c’era il rischio che i voucher venissero utilizzati in maniera impropria per tagliare i costi del lavoro («un dipendente a tempo indeterminato costa più di un lavoratore pagato a buoni»), ma la realtà è che i voucher venivano usati persino troppo poco : «Nel 2016 ne sono stati venduti 134 milioni e sono stati versati stipendi per un miliardo e 340 milioni. Rispetto all’ammontare totale degli stipendi in Italia, che si aggira sui 600 miliardi, i voucher coprono una percentuale del mercato del lavoro pari allo zero virgola. Facendo una media, risulta che i lavoratori italiani che ne hanno usufruito, ne avrebbero utilizzati appena tre o quattro a testa». Su numeri così bassi, quindi, parlare di abuso non ha senso : «È solo ideologia della peggior specie perché fatta sulla pelle di persone, soprattutto giovani, che potevano essere finalmente pagati in modo regolare, ed è l’ideologia che manderà a picco questo paese».

Ultimamente si sta parlando, come possibile alternativa, dei voucher francesi o dei mini jobs tedeschi, «ma la cosa importante è trovare una soluzione in fretta, perché la stagione estiva si avvicina e il turismo è uno dei settori dove i voucher sono maggiormente utilizzati». Si dovrà inoltre tener presente che adesso la Cgil, «che ha già ottenuto una grandissima vittoria con l’abolizione dei voucher, avrà il potere di dettare al governo le linee guida per l’elaborazione di un nuovo strumento».

@fra_prd

Foto Ansa

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