
“L’estro delle maree”, l’esordio poetico di Alessandro Turci che ha «colpito a fondo» Claudio Magris

Lo scrittore Claudio Magris l’ha definita una «poesia strana, imprevedibile e intensa, che colpisce a fondo. Quella luce blanda, quella prudente luna e quel vento crudo e tutto quel senso d’intrepido fissare il volto e lo sgomento della vita s’incidono fortemente. Come d’altronde quei neri meriggi e quegli inverni velieri veramente s’imprimono nella memoria».
L’Estro delle maree (Interlinea edizioni, 51 pagine, 14 euro) costituisce l’esordio poetico di Alessandro Turci, nato a Sanremo il 7 ottobre 1970 ma formatosi tra Milano, Parigi e Berlino. Un assaggio di poesia «imprevedibile e intensa» lo si trova subito nei versi di “Al largo”: «Di blanda luce l’ovest si colora/ dei tanti giorni amati senza scelta/ che infrangono sui moli e negli intarsi// scavando al mio coraggio una dimora./ L’anima cede, un fuoco l’ha divelta/ e sorpresa nel gesto di privarsi».
E da questi pochi versi è ben visibile quali sono state per l’autore le fonti d’ispirazioni: la Liguria, la classicità, il fascino di un certo ermetismo e, naturalmente, il mare. Accanto ai dieci sonetti notturni che compongono questa prima raccolta, Turci propone brevi prose che vogliono svelare in controluce la filigrana dei versi. Così come le dieci chine dell’artista argentino Héctor Navarrete che affiancano ogni poesia e che costituiscono un laconico e al tempo stesso evocativo controcanto.
Una sola nota per chi vorrà leggere queste pagine: questi versi chiedono d’essere ascoltati con un impegno: «Non chiedere alla voce di mentire/ i suoi ricordi».
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!