
E dunque gli azzurri non si inginocchieranno stasera prima della partita con l’Austria. Per come la vediamo noi, che lo facessero alcuni o tutti insieme, non è questo il problema.
Si è molto discusso se dovesse esserci unanimità nel gesto, ma per noi la “libertà è libera sempre”, quindi il tema è piuttosto “perché” ci si deve inginocchiare non “se” bisogna farlo.
La predica di Camon
È un punto importante da chiarire. Ieri sulla Stampa Ferdinando Camon ha scritto un articolo in cui, sin dal titolo (“Ma è immorale restare in piedi”), si faceva una scelta partigiana:
«I giocatori che sono rimasti in piedi (durante la partita col Belgio, ndr) han compiuto un gesto moralmente disprezzabile».
Per Camon l’assunto di partenza è che la genuflessione è un simbolo contro il razzismo, ergo la scelta è facile e obbligata:
«Il Galles ha protestato e s’è inginocchiato. È normalmente onorevole. L’Italia ha protestato metà sì e metà no. È disonorevole, non c’è da discutere, c’è da vergognarsi».
L’articolo del perfetto conformista
Sulla Gazzetta dello Sport, un commento di Luigi Garlando (“Azzurri tutti in piedi? Non vada in ginocchio la libertà personale”) così argomentava:
«[inginocchiandosi] non si manifesta l’appartenenza a una parte contro un’altra. Si chiede semplicemente il rispetto per persone discriminate, questo dovrebbe essere un sentimento universale accettato da tutti».
Garlando scrive l’articolo del perfetto conformista: la genuflessione, così come la fascia arcobaleno del portiere tedesco Neur, sono simboli del Bene.
Quindi come fai a non stare dalla parte del Bene?
«Lo ha capito anche il tedesco Leon Gotertzka che ha mimato il cuore davanti ai neonazisti ungheresi che cantavano cori omofobi».
Il violento razzismo degli antirazzisti
Che bislacchi questi predicatori della tolleranza: chi non la pensa come loro è, automaticamente, un intollerante, un omofobo, un razzista. Non si pongono mai la domanda che cosa significhi davvero un certo simbolo o una certa azione.
La genuflessione in questo caso non è un implicito e asettico riferimento alla battaglia contro il razzismo, ma un esplicito riferimento alle lotte di Black Lives Matter, di cui anche Tempi ha scritto tante volte. Lotte che hanno una manifesta connotazione politica, un riferimento culturale forte, un significato preciso. È un simbolo di un movimento di estrema sinistra che teorizza l’applicazione delle teorie marxiste e la cancel culture, non esattamente un corso di bon ton per signorine.
Quindi ognuno si inginocchi davanti a quel che vuole, persino al dio Marx se ci crede. Però non obblighi gli altri a imitarlo e sia ben consapevole di cosa sta facendo: sta omaggiando il violento razzismo degli antirazzisti.
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