A quanto pare l’unico tema politico su cui la magistratura italiana non si sente autorizzata a intervenire (se non in un certa direzione) è quello delle unioni omosessuali. Repubblica riferisce che a Roma, dopo lo show del sindaco Ignazio Marino che ha convocato la stampa per trascrivere in favore di telecamera otto matrimoni gay contratti all’estero sul registro di stato civile, il prefetto Giuseppe Pecoraro, in quanto rappresentante del governo italiano, si è trovato «stretto tra la pervicacia del ministro Alfano, deciso a cancellare tutte le trascrizioni – a partire da quelle romane – perché non previste dall’ordinamento nazionale, e l’ostinazione del sindaco Marino (e degli altri suoi colleghi, dalle Alpi alla Sicilia), determinato invece a resistere “a difesa dei diritti dei cittadini”». Il primo cittadino dell’Urbe infatti ha deciso di ignorare bellamente la richiesta formale di cancellazione delle unioni dall’anagrafe indirizzatagli da Pecoraro due giorni dopo la cerimonia.
L’INCONTRO RISERVATO. A tentare di risolvere questo scontro istituzionale sarebbe servito l’«incontro riservato» che sempre secondo Repubblica si sarebbe tenuto «al primo piano degli uffici giudiziari di piazzale Clodio» tra lo stesso prefetto Pecoraro e il procuratore capo della capitale Giuseppe Pignatone. «Voleva sapere, il rappresentante del governo, se i pm avessero intenzione di agire d’ufficio contro gli atti firmati sabato scorso dal sindaco Ignazio Marino in Campidoglio». Secondo il quotidiano di largo Fochetti, però, la procura «gli ha risposto picche». Nonostante si trattasse – parola di Repubblica – di «una cerimonia in pompa magna che i magistrati non possono certo far finta di ignorare». E n0nostante – anche questa è parola di Repubblica – «le norme, almeno su questo punto, sono chiare», indicando indubitabilmente «che spetta alla procura, solo che lo voglia, intervenire per annullare la registrazione».
«SE PROPRIO CI TIENE». I giuristi interpellati dai giornali sulla questione giustificano lo stallo parlando dell’esistenza di un «vuoto normativo» che metterebbe lo Stato con le spalle al muro. Ma quando mai – verrebbe da domandarsi – un vuoto normativo ha rappresentato un problema insormontabile per i nostri magistrati? Il punto, se mai, è quali siano le loro «intenzioni». Prosegue il retroscena di Repubblica: «La risposta di Pignatone non è stata quella che Pecoraro si aspettava. (…) Il capo dei pm aveva preparato l’incontro chiedendo un approfondimento ad alcuni sostituti. E i magistrati sono stati unanimi nel mettere nero su bianco un appunto in cui, analizzate tutte le leggi, si conclude che “il prefetto non può fare ricorso al tribunale civile”. Possono farlo loro, eventualmente, ma sembra che per il momento non ne abbiano alcuna intenzione». Punto.
Se vuole, o meglio «se proprio ci tiene», per usare fino in fondo i termini scelti da Repubblica, «Pecoraro può sempre abbandonare la via della giurisdizione e percorrere quella amministrativa, emettendo un proprio provvedimento di annullamento. Che però, a quel punto, potrebbe essere impugnato dalle coppie davanti al Tar». Ma lei ce l’ha presente, signor prefetto, il Tar?