
Immigrati: cinque motivi per dubitare dei permessi di soggiorno temporanei
Un decreto della presidenza del Consiglio firmato oggi concederà ad ogni cittadino del Nord Africa «titolare di un documento di viaggio la libera circolazione nei Paesi dell’Unione Europea, conformemente alle previsioni della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen». Pochi minuti dopo la diffusione della notizia, tuttavia, si è registrato il primo scontro diplomatico, con il ministero dell’Interno francese, Claude Gueant, che ha opposto un secco niet, specificando che in Francia entreranno solo gli immigrati in possesso di cinque requisiti, tra cui possesso di un passaporto valido, e risorse ecomiche sufficienti (62 euro al giorno).
Giorgio Paolucci, giornalista di Avvenire esperto in materia, spiega a tempi.it che «in questo momento ci troviamo di fronte a un doppio dubbio. Il trattato di Schengen permette la libera circolazione, ma a precise condizioni: ad esempio la disponibilità di un reddito per mantenersi. Cosa prevede su questo il decreto di oggi, tuttavia, ancora è poco chiaro, perché il testo non è ancora reperibile. Va detto che a mio parere in questo momento si parla solo della punta di un iceberg. Ci sono 26 mila persone da gestire appena giunte da Lampedusa, ma vanno ricordate le previsione sui prossimi arrivi che parlano di 250-300 mila persone, e i 5 milioni e mezzo di stranieri già presenti in Italia».
Di sicuro, la soluzione adottata dal governo migliora la situazione: «La nota sicuramente positiva dei provvedimenti adottati oggi dal Consiglio dei ministri sta sicuramente sul fronte accoglienza. La soluzione parcellizzata trovata oggi in Cdm, che prevede piccoli insediamenti ma sparsi sull’intero territorio è la migliore. Avvenire lo definisce “modello Caritas”, perché corrisponde alla disponibilità espressa dalle diocesi di tutt’Italia a ospitare questi migranti, anche se solo in piccoli numeri, per via della ridotta capacità. Il punto è che il Paese, le persone, stanno dando grande prova di un’unità solidale trascurata dai media e dalla politica».
In attesa del testo del provvedimento sui permessi temporanei ai migranti che vogliono andare in altre paesi dell’area Schengen, sugli aspetti giuridici esprime perplessità il professore Paolo Bonetti, docente associato di Diritto costituzionale e di Diritto degli stranieri all’Università di Milano Biccoca, membro del consiglio direttivo dell’associazione studi giuridici sull’immigrazione e tra gli “autori” tecnici dell’articolo 20 della Legge Turco, sulla cui base si muove il provvedimento del Cdm di oggi. Spiega infatti Bonetti che «l’articolo 20 del testo unico leggi sull’immigrazione è una norma derogatoria che in situazioni particolari come conflitti, calamità, esodi di massa, consente di prevedere misure straordinarie di accoglienza anche in deroga alle norme in vigore. Attualmente ci sono due strumenti di protezione temporanea dai flussi migratori. La prima è la direttiva europea che in Italia è stata adottata dal 2003, che comporta la possibilità di soggiorno per gruppi di stranieri che fuggano da situazioni di calamità, che non siano accoglibili in altro modo, e che possono essere accolti non solo dal primo paese (come in questo caso è l’Italia), ma anche dagli altri paesi dopo una decisione presa dal Consiglio europeo riunito a 27. Si tratta di una direttiva che finora non è mai stata applicata. Il problema è che la commissione europea attualmente vorrebbe anche andare in questa direzione, eppure due giorni fa ha dichiarato di registrare la contrarietà della maggioranza degli stati membri. Sarebbe un precedente che potrebbe creare problemi con paesi come la Russia, o la Moldavia, che potrebbero spingere un’ondata migratoria».
Prosegue Bonetti spiegando che proprio l’articolo 20 è il secondo strumento, che oggi l’Italia può usare, per rispondere al problema dei flussi migratori. «Le condizioni di calamità ed esodi previste dall’articolo 20 rientrebbero nel problema di oggi. Ma per il resto l’articolo 20 non offre altri “paletti”, che dovrebbe essere previsto dal decreto: pare si tratti di un permesso semestrale. Il presupposto è che anzitutto serviranno documenti di identificazione, e questo è importante anche ai fini della circolazione nell’Ue. Ma è importante dire che non basterà assolutamente questo permesso per circolare nell’area Schengen. L’art. 5 del Codice frontiere di Schengen prevede infatti cinque presupposti, che devono essere assolutamente rispettati. Sono quelli che infatti ha riproposto il ministero dell’Interno francese. La Francia si sta comportando correttamente. Primo: serve che il migrante abbia un passaporto o un documento di identificazione che dovrà essere rilasciato dall’Italia, o dal paese di origine. Secondo: occorre che il migrante disponga di mezzi di sostentamento (ogni paese dell’area Schengen stabilisce una cifra). Terzo: i migranti non devono risultare registrati sul Sis, il sistema informativo dell’area Schengen che registra le espulsioni o le condanne in altri paesi. Quarto: i migranti non devono rappresentare un pericolo per gli altri paesi. Quinto: i migranti dovranno rendere conto delle motivazioni del viaggio (ricongiungimento, lavoro, etc.). Preciso inoltre che questi requisiti consentono comunque l’ingresso in altri paesi al massimo per tre mesi: dopo o c’è un titolo per rimanere, o altrimenti gli immigrati verrebbero rinviati al paese da cui sono partiti, dunque l’Italia. Insomma, l’Italia rischia di aver presentato una falsa soluzione, di mera apparenza cioè, al problema».
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