
Il sindaco che ha trasformato l’ufficio in una sartoria per mascherine

«Quante mascherine abbiamo fatto finora? Aspetti che chiedo che ho perso il conto. Maraaaaa, quante ne abbiamo fatte?». Al telefono si sente la risposta che poi il sindaco riferisce: «Millequattrocento, più o meno». Lui è Luigi Caimi, primo cittadino di Rodengo Saiano, comune di diecimila anime del Bresciano, zona Franciacorta, tra le più colpite in Italia dal coronavirus. Da giorni ha trasformato il suo ufficio in una sartoria di produzione artigianale di mascherine. Non sono, ovviamente, quelle certificate, ma sono ben fatte, con cura e di ottima fattura. Di tanto in tanto, Caimi si affaccia alla finestra e con una fune e un cestino le cala di sotto. «Poi, chi vuole, lascia un’offerta, ma io non obbligo nessuno, eh! Noi le facciamo per regalarle. Il ricavato lo devolviamo al nostro servizio di soccorso pubblico, perché le nostre ambulanze sono rimaste senza carburante».

Istruzioni per la cucitura
Dentro l’ufficio, l’attività è frenetica. Mara Pollonini, sarta, assieme a una amica, s’è messa dietro una macchina da cucire coordinando altre conoscenti che lavorano da casa, altri aiutano a procurare le lenzuola di cotone, la candeggina e tutto ciò che è necessario. Le lenzuola vengono sanificate, poi si cuce, si taglia, si preparano gli elastici, all’interno di una tasca si inserisce un velo di carta da forno o di stagnola. Sui social network del gruppo “Coronavita”, nato i questi giorni, ci sono video e istruzioni “di montaggio”, con la spiegazione di tutte le cautele da usare («sostituite le carta stagnola, lavate a cento gradi o stirate…» e così via).

«Ho un ufficio grandissimo»
Quando si parla di precauzioni sanitarie, Caimi sa di cosa parla. È un medico ed è stato per nove anni preside della Facoltà di medicina dell’Università di Brescia. Sindaco di Rodengo dal maggio 2019, quando le sarte del paese gli hanno prospettato l’idea e il problema di non avere un posto dove lavorare, ha detto: «Venite da me, ho un ufficio grandissimo». La cosa è nata così, poi il passaparola ha fatto il resto. «Ogni giorno c’è il triste conto dei morti – dice Caimi a tempi.it -. Tre, quattro, è difficile anche starci dietro. Ho dovuto chiudere il cimitero: troppe bare, gli assembramenti, capisce, no? È uno strazio. Come dice? Se le mascherine sono a norma? Senta, quando arriverà qualcuno che mi dice esattamente come si combatte questo virus, starò ad ascoltarlo, ma fino ad allora un po’ bisogna arrangiarsi, non crede? Io, poi, me ne sono fatta fare una personalizzata con i colori della Juve».
Tipo energico e risoluto, Caimi con l’aiuto della Protezione civile s’è organizzato per distribuire i pasti, fare la spesa, portare i farmaci a casa di chi non può uscire. In tempi di coronavirus una certa creatività non risolve, ma aiuta e conforta. «Ora, però, la devo lasciare, che ho da fare. Maraaaaa, passami il cestino che c’è giù una signora».
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