Il ritorno di Andrea Chénier

Di Giuseppe Pennisi
18 Aprile 2017
Ora un revival: inaugurerà la prossima stagione della Scala e da venerdì 21 aprile (ore 19.30) va in scena al Teatro Costanzi

Andrea Chénier di Umberto Giordano sembrava sparita dai repertori, specialmente per i suoi alti costi di allestimento. Ne ricordo allestimenti frequenti a Roma ed altrove quando ero ragazzo, ma manca da 42 anni dal Teatro dell’Opera. Ne ricordo allestimenti recenti nella stagione estiva a Piazza di Siena (1996), a Catania (1968), a Bologna (2004). Ora un revival: inaugurerà la prossima stagione della Scala e da venerdì 21 aprile (ore 19.30) va in scena al Teatro Costanzi (la sala grande del Teatro dell’Opera di Roma in un nuovo allestimento, coprodotto con La Fenice).

È l’opera più popolare di Umberto Giordano, su libretto di Luigi Illica. L’allestimento è firmato dal regista cinematografico Marco Bellocchio che, al suo terzo “sconfinamento” nel repertorio operistico, debutta presso la Fondazione lirica capitolina. Dal podio dirigono l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma i maestri Roberto Abbado e Pietro Rizzo (2 maggio). L’allestimento, vede scene e luci di Gianni Carluccio, costumi di Daria Calvelli e movimenti scenici di Massimiliano Volpini.

“Questo titolo – sottolinea il sovrintendente Carlo Fuortes nell’introdurre la conferenza stampa – mancava in Teatro da 42 anni. È quindi per noi un motivo d’orgoglio riproporlo oggi con un cast di grande livello, con la direzione di Roberto Abbado, che è ormai un interprete di casa all’Opera di Roma, e con la regia di Marco Bellocchio. Avevo già apprezzato il suo amore per l’opera quando anni fa aveva messo in scena a Bari un allestimento di Pagliacci ed ero sicuro che quest’opera sarebbe stata nelle sue corde. Voglio anche sottolineare che molti nostri allestimenti sono richiesti all’estero (La traviata è stata a Valencia e poi andrà a Buenos Aires, Tosca in Giappone, Il barbiere di Siviglia, nell’allestimento di quest’estate a Caracalla, andrà tra poco ad Hong Kong) un segno anche questo della qualità delle nostre produzioni”.

“Una cosa che mi ha sempre colpito dell’Andrea Chénier – spiega il maestro Roberto Abbado – è il suo taglio cinematografico: non è un caso che, solo nove mesi dopo la prima esecuzione del 1896, sia stato proiettato per la prima volta un film in pubblico. La costruzione drammaturgica di Illica e di Giordano ha molto di quella che sarebbe stata di lì a poco la tecnica cinematografica, così come il compositore ha molto influenzato la musica da film degli anni Quaranta e Cinquanta. Quella scritta da Giordano è un’opera molto varia, in cui è presente il lirismo ma anche una passione che definirei spudorata o addirittura viscerale. Questo perché l’autore non ha ritegno a manifestare i propri sentimenti in maniera immediata, che a tratti può anche avere un effetto molto forte perché è come tagliare in un punto sensibile, molto vicino ai nervi.”.

“Ho accettato questa regia – dichiara Marco Bellocchio – non tanto perché mi piacciono le sfide, ma perché mi piacciono le cose nuove. Amo affrontare quelle in cui sono impreparato, perché mi piace scoprire. È chiaro che la regia d’opera è un lavoro nel quale sono cosciente di dare qualcosa, di dare la mia sensibilità, che è prima di tutto cinematografica, cercando di applicare questa mia esperienza ad un contesto, a un linguaggio che è totalmente diverso. Tante volte ti viene in mente una idea, ma sai che su un palcoscenico non puoi realizzarla. Però è come se allora la musica, il canto, il libretto mi aiutassero – per me è uno sforzo continuo – a combinare le immagini che mi vengono in mente, rispettando sempre i principi dell’opera”.

Un cast internazionale dà voce ai protagonisti dell’opera. Gregory Kunde interpreta il giovane poeta rivoluzionario Andrea Chénier; Maria José Siri la sua amata, Maddalena. Ancora nel cast Natascha Petrinsky (la mulatta Bersi), Anna Malavasi (Contessa di Coigny), Elena Zilio (Madelon), Roberto Frontali (Carlo Gérard), Duccio Dal Monte (Roucher), Graziano Dallavalle (il romanziero Pietro Fléville e Fouquier Tinville), Gevorg Hakobyan (il sanculotto Mathieu), Luca Casalin (un “Incredibile”), Andrea Giovannini (l’Abate). Inoltre, dal progetto “Fabbrica” – Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, Timofei Baranov (maestro di casa, Dumas e Schmidt). Maestro del Coro Roberto Gabbiani.

Andrea Chénier è un’opera, anzi un melodrammone, che il pubblico ha amato per generazioni ma a cui, da un quarto di secolo, i critici storcono il naso. Da un lato, appartiene al filone “naturalista”, una concezione tutta italiana del melodramma che, secondo Fedele D’Amico, durò appena 12 anni, da Cavalleria Rusticana di Mascani del 1890 a Adriana Lecouvreur di Cilea del 1902.

In Andrea Chénier si tesse l’elogio dell’aristocrazia (pronta a morire pur se innocente) e si condannano senza appello i giacobini (il cui parvenu Gérard diventa. La scrittura musicale e vocale ci mette del suo: ingrandisce tanto i “buoni” (gli aristocratici ed il poeta) quanto i “cattivi” (i giacobini). Quando l’opera ebbe la prima alla Scala il 28 marzo 1896 ci fu chi vi lesse una critica nei confronti della sinistra di Depretis (il sogno del ritorno della “destra storica”, nobile e rinascimentale).

Foto: ®Yasuko Kageyama-Opera Roma

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