Abolire il finanziamento pubblico dei partiti è una delle priorità del Movimento 5 Stelle. Una posizione sempre più condivisa fra i politici. Propaganda politica a parte, sarà vero che i centinaia di milioni di euro dei cittadini versati ogni legislatura nelle tesorerie dei partiti danneggino non solo l’erario ma anche la democrazia? Non sembra.
DEMOCRAZIA E RIMBORSI ELETTORALI. Quasi tutti i paesi indiscutibilmente democratici, compresi quelli scandinavi, prevedono una forma di finanziamento pubblico ai partiti politici. Nei paesi europei demograficamente più simili all’Italia, come Francia, Germania e Spagna, l’entità del denaro che lo Stato versa nelle casse dei partiti ogni anno non si discosta dai 100 – 150 milioni di euro che vengono erogati in Italia. Anche negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove pure esiste una tradizionale ampia libertà per i privati di finanziare i partiti, è prevista una qualche forma di sostegno statale alla politica attiva. In altri paesi anglosassoni, come il Canada, il metodo di finanziamento ai partiti ricalca quello continentale europeo.
CHI FA A MENO DEI RIMBORSI. Iran, Cambogia, Venezuela sono solo alcune di quelle nazioni che non prevedono alcun tipo finanziamento dello Stato ai partiti. È solo incidentale il fatto che, peculiarità Svizzera a parte, sia proprio in paesi dove si è poco sensibili nei confronti dei diritti individuali e della democrazia a non prevedere contributi pubblici ai partiti? No. Primo perché è del tutto normale che i regimi poco democratici non finanzino i partiti (li aboliscono semmai), secondo perché in questi paesi chi governa naturalmente non ha alcun bisogno di un finanziamento pubblico ufficiale. Alla luce di questo, ci si dovrebbe chiedere se l’obiettivo prefisso dai grillini non si debba tanto all’“onda” di antipolitica che monta nel paese, quanto alle simpatie nient’affatto dissimulate del leader Beppe Grillo per paesi come l’Iran o il Venezuela.