
Il Financial Times raccomanda un golpe giudiziario in Italia. Ok, obiettivo (quasi) raggiunto
Un bel golpe giudiziario, e a casa Berlusconi, per il bene dell’Italia e dell’Europa. Beh, che c’è di strano? Se l’opposizione politica è troppo debole, qualcuno ci deve pure pensare! A esprimersi sulle vicende italiane con aplomb davvero poco britannico è il Financial Times, quotidiano della City londinese di proprietà del gruppo Pearson, che controlla anche il settimanale The Economist.
Nell’editoriale di ieri il primo ministro italiano viene preso, non per la prima volta, a pesci in faccia. Quel che sorprende come cosa nuova è l’ostentato disprezzo per le forme democratiche e per la sovranità popolare, concetti che nella tradizione britannica di solito sono circondati di un certo rispetto. Ma che trattandosi dell’Italia di Berlusconi sono sacrificati ad altre, più impellenti, priorità.
Il primo “me ne frego” intorno alla democrazia riguarda la presenza dell’Italia nell’Unione Europea: «Restando al suo posto, […] egli (Berlusconi, ndt) fa sì che l’Unione Europea appaia stupida ed ipocrita quando impartisce lezioni all’Egitto, alla Tunisia e ad altri paesi non europei su come dovrebbero governare se stessi, mentre contiene al suo interno un esempio così supremo di malgoverno». Chi avesse creduto che le preoccupazioni europee per gli stati del Nordafrica riguardassero l’assenza di democrazia e le violazioni dei diritti umani, aggiorni i suoi punti di riferimento: il democraticamente eletto Berlusconi merita di essere messo sullo stesso piano dei non democraticamente eletti Ben Ali e Mubarak; che le carceri del primo non contengano prigionieri politici, diversamente da quelle dei secondi che ne rigurgitavano, è un trascurabile dettaglio.
Il secondo “me ne frego” riguarda il controverso iperattivismo della Procura di Milano nei confronti del presidente del Consiglio: «Berlusconi si definisce vittima di una persecuzione opera di procuratori di sinistra e di giudici decisi a rovesciare il verdetto delle urne con un colpo di Stato giudiziario. La sua protesta ha valore solo nel senso che i suoi oppositori di centrosinistra, un insieme raccogliticcio di ex comunisti, democristiani progressisti, Verdi e altri, sono così deboli che i tribunali spesso appaiono come la vera opposizione».
La terza e finale pernacchia alla democrazia il Financial Times la riserva alla questione della successione a Berlusconi: «La partenza del premier non rappresenta un problema: il centrodestra italiano potrebbe facilmente trovare un sostituto nei suoi ranghi. L’Italia ha numerosi ottimi dirigenti pubblici, che vanno da Giorgio Napolitano, il capo dello Stato, a Mario Draghi, il governatore della Banca centrale. Essi fanno onore al loro paese e rappresentano la nazione italiana al meglio».
Che non abbiano alcun mandato da parte degli elettori, che Napolitano sia stato eletto da un parlamento che non esiste più, per il Financial Times non sono questioni che meritino approfondimenti. Del resto coi riottosi popoli mediterranei la democrazia non è il sistema di governo migliore; meglio qualche autocrate illuminato e sponsorizzato dalla finanza anglosassone. Purchè non si chiami Mubarak.
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