I segreti di David Lynch hanno ancora molto da dire

Di Simone Fortunato
29 Luglio 2017
Regia ipnotica, narrazione onirica. Per questo la terza stagione di Twin Peaks (in onda su Sky) è una cosa bellissima. Ogni puntata un film diverso: horror, paranormale, slapstick, grottesco, thriller

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Eravamo a Venezia, a metà festival, con già qualche decina di film sulle spalle. Ce ne facevamo 6-7 al giorno. Mica Transformers, eh. Documentari mongoli sulla capra tibetana, grandi epopee filippine, cortometraggi sul punto di vista di un granello di polvere adagiato su una mensola. Quel giorno sarebbe arrivato David Lynch ed eravamo tutti su di giri. Vuoi mettere Lynch con la capra tibetana? Il film era Inland Empire, una cosa da pazzi dove non si capiva nulla, tutto sogni, incubi, realtà distorta. Tre ore di film con inizio a mezzanotte. Dopo un’ora eravamo tutti stecchiti. Ricordo di avere avuto un attimo di abbiocco e di essermi ripigliato mentre tutto intorno la sala russava. Imbastii una recensione un po’ vaga perché non mi era rimasto molto. Anni dopo, rivedendo il film, mi accorsi che me ne ricordavo un altro. L’avevo sognato? Boh.

Ecco, Lynch fa questo effetto. Regia ipnotica, narrazione onirica. Per questo la terza stagione di Twin Peaks (in onda su Sky) è una cosa bellissima che si può vedere anche senza avere alle spalle le prime due stagioni di 25 anni fa. Ogni puntata un film diverso: horror, paranormale, slapstick, grottesco, thriller. Le prime due stagioni, uscite a inizio anni Novanta, cambiarono per sempre la storia delle serie tv. Per dire, le invenzioni di Lost (la Natura come personaggio a se stante, i paradossi temporali, il senso cupo dell’Ignoto, il moltiplicarsi di storie collaterali: la trovate intera su Netflix) vengono da lì; così come un’altra serie, forse la migliore di sempre, Breaking Bad (ancora Netflix), è ispirata per ammissione dell’autore Vince Gilligan a Twin Peaks e ai suoi continui cambi di registro.

Certo, uno vede le prime due stagioni e ancora oggi rimane segnato da un modo di rappresentare il dolore oggettivamente diverso. La colonna sonora inquietante di Badalamenti, la natura selvaggia, la capacità di Lynch (e di Mark Frost, il coautore) di entrare nel cuore nero dei personaggi come a sondare il mistero della personalità. È il tratto più bello di un’opera che ha ancora parecchio da dire: anche la scelta di ripresentare lo stesso cast, appesantito dagli anni ma con gli stessi problemi di un tempo, anzi di più, è una scelta felice, l’unico tratto reale di una vicenda per molti aspetti sfuggente che ti lascia un buco dentro che non si rimargina mai, nemmeno 25 anni dopo.

Twin Peaks – Regia di David Lynch, con Kyle MacLachlan, Sheryl Lee, Michael Horse

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