Carissimo direttore, vivo in Bergamasca e da alcuni giorni sono malato. Come tanti altri miei amici nella stessa condizione, non facciamo parte delle statistiche. Il medico di famiglia che si sta spendendo come tanti, sapendo che avevo già fatto il vaccino influenzale ad ampio spettro, mi ha assicurato subito che si trattava del virus corona e che, di fatto, non c’è niente da fare se non monitorare la saturazione di ossigeno e, se scende sotto 92 per cento, chiamare soccorsi (sempre che si trovi un saturimetro che, per altro, non manderò mia moglie a cercare in giro). Ho febbre, congiuntivite, poi subentrano i dolori muscolari, ora la parte alta della schiena e poi è arrivata la tosse e si tengono le dita incrociate.
Non sarebbe il tempo delle polemiche, ma alcune cose mi sembrano doverose da sottolineare.
1) Non si ha idea della diffusione del virus. I numeri, specialmente in aree come la mia, sono falsi. Invece di guardare il trend di numeri falsi non sarebbe più utile capire i numeri veri? Non siamo geneticamente troppo diversi dai tedeschi, quindi la mortalità sarà sempre intorno al 2-3 per cento. Essendoci 4.000 morti, i malati sono almeno 400.000. Questo fa scopa con l’esperienza sotto gli occhi di tutti in queste zone, con la mortalità di tutto il resto del mondo, con la pochezza dei nostri governanti e con l’uso della ragionevolezza che ha abbandonato, purtroppo queste terre.
2) La scelta di non intervenire nella Bergamasca ha reso responsabili di centinaia di morti e migliaia di contagi che si dovevano evitare o ridurre.
3) Inutile inebriare il popolo con l’inno di Mameli ed non essere stati capaci di attrezzarsi per gestire un’epidemia che era probabile se non inevitabile.
4) Se l’ospedale per gli intensivi a Milano si farà, decenza vorrà che Angelo Borrelli presenti le sue scuse alla Lombardia e si dimetta subito finita l’emergenza. Non può sempre valere una cosa e il suo contrario: se per Borrelli non si poteva fare e lo facciamo, vuol dire che non è in grado di capire e gestire queste situazioni.
Detto questo e lasciando cadere le giuste recriminazioni, mi godo questo sole come un dono non meritato.
Sono qui sul balcone, sento passare le ambulanze con una frequenza inquietante e accompagno col pensiero quelle persone pregando che ce la facciano…. e gli infermieri e i medici e quanti muoiono da soli.
Il vero dramma non sarà il coronavirus, ma la nostra coscienza e la nostra memoria, perché gli uomini dimenticano e sento tanti per cui il problema è solo ripartire.
Gusto questa ritrovata umanità tra le persone e gusto ogni sorsata d’aria che va giù senza che parta l’affanno.
Non sono meglio degli altri, ma sono un privilegiato perché mi è concesso di guardare un attimo oltre la cortina della violenza con la quale, tutti, tutti, tutti noi viviamo i nostri rapporti e le nostre circostanze. Sono un privilegiato per avere questa occasione di iniziare una “seconda navigazione”, quella della coscienza di me, quella povera coscienza di me soffocata tanto spesso dalla mia e dalla altrui meschinità, dall’immagine di me che il potere mi ha fatto inseguire.
E soprattutto sono un privilegiato per la compagnia che mi sostiene.
È una gran pace vivere questa rinnovata coscienza di cui la fragilità fisica e morale è il primo, amato, aspetto.
Così, solo per questa gratitudine, faccio il tifo anche per i nostri governanti che non stimo e per l’Italia che amo, perché la circostanza sia per tutti una possibilità di verità.
Grato per il vostro lavoro, cordiali saluti
Riccardo Castagna
PS in una seconda lettera: Ciao a tutti sempre da Bergamo. Adesso siamo malati sia io che mia moglie. Abbiamo cercato il medico ed è malato anche lui. Qui nessuno fa il tampone se non quando viene ricoverato, pensate al naso di Conte che si allunga quando parla dei dati. Il medico non sa cosa dire noi saremmo in quarantena, siamo in 7 in famiglia e non possiamo uscire ma neanche chiedere di essere assistiti. Usciremo di nascosto? Moriremo di fame?
Foto Ansa