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Gli ingredienti diabolici dell’omicidio di Navalny

Di Berlicche
04 Marzo 2024
Uno così o lo fai fuori o corroderà dall’interno l’impalcatura che hai creato. È diverso da te, non pone la sua consistenza in sé. La sua irriducibilità infatti aveva fonti religiose
Il feretro di Aleksej Navalny viene trasportato nella chiesa della Madre di Dio a Mosca per le esequie, 1 march 2024
Il feretro di Aleksej Navalny viene trasportato nella chiesa della Madre di Dio a Mosca per le esequie, 1 march 2024 (foto Ansa)

Mio caro Malacoda, inizio questa lettera lunedì 19 febbraio 2024. Tre giorni dopo la morte “incidentale” di Aleksej Navalny, il dissidente russo imprigionato in una geenna siberiana (per tua informazione il nome originario indicava una valle maledetta a sud-ovest di Gerusalemme in cui venivano offerti sacrifici umani e che era destinata a immondezzaio della città, poiché vi ardeva continuamente il fuoco: insomma un inferno in terra) dove era recluso sostanzialmente perché si ostinava a essere se stesso. Qualcuno potrebbe dire (e forse qualcuno l’ha detto) che Navalny in fondo se l’è cercata. Vittima di un primo tentativo di avvelenamento nel 2020, era tornato in Russia cosciente che sarebbe finito in galera. E così è stato.

In galera ci è rimasto, in fondo, poco. In galera è morto. Ha rinunciato alla sua libertà per non rinunciare alla sua dignità, per continuare a essere libero.

Mentre ti scrivo, ancora non c’è traccia del suo cadaver...

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