
Giustizia. Gli italiani non si fidano dei giudici. E nemmeno dei giornalisti

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L’associazione “Fino a prova contraria” ha commissionato ad Swg un sondaggio su “Gli italiani e il sistema giudiziario”. In estrema sintesi, come rileva il rapporto pubblicato dall’associazione, abbiamo una «percezione non positiva della operatività della giustizia».
POCA FIDUCIA. «Il livello di affidamento che i cittadini mostrano nei confronti del sistema giudiziario italiano – si legge – è limitato. Un terzo dichiara di riporre un certo grado di fiducia mentre quasi la metà appare poco propenso a considerare questa opzione, un settimo non nutre alcuna fiducia».
I «nodi aperti» sono «la scarsa efficacia del sistema» (gradi di giudizio, prescrizione, iter processuale), le «leggi scritte male che rendono difficile il funzionamento dei tribunali», «il ruolo della politica che ostacola la magistratura» e «la cattiva organizzazione dei tribunali».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]OBIETTIVI POLITICI. Alcune rilevazioni sono impietose: alla domanda «quanta fiducia ha nella giustizia italiana?» il 61 per cento risponde «poca» o «nessuna». Per il 43 per cento una riforma della giustizia è «urgente», per un altro 41 per cento è «importante, ma come altre riforme». Il 67 per cento degli italiani consultati ritiene che «il sistema giudiziario vada cambiato in modo profondo». Il 69 per cento è convinto che «alcuni settori della magistratura perseguano degli obiettivi politici» (bum!).
INTERCETTAZIONI. Un capitolo interessante è dedicato alle intercettazioni. Per il 74 per cento sono «uno strumento utile per le indagini. E vanno usate ogni volta che i magistrati lo ritengano opportuno». Per il 70 per cento «si può anche sacrificare la privacy, ove fosse utile a scoprire della illegalità». Per il 60 per cento «comportano un’intrusione nella sfera della libertà personale, e vanno utilizzate solo quando strettamente necessario».
A proposito delle intercettazioni c’è un nota bene da aggiungere e che riguarda la loro pubblicazione sui media. Per il 71 per cento degli intervistati «bisognerebbe limitare la pubblicazione solo a quando strettamente pertinente alle indagini». Per il 50 per cento «andrebbe vietate del tutto la pubblicazione. Solo il 25 per cento è favorevole a una pubblicazione senza limiti.
TOGHE IN POLITICA. Altri numeri ci dicono che per la maggioranza non ritiene opportuno che «un magistrato possa candidarsi alle elezioni politiche» e il 62 che «terminato il mandato elettorale troni a svolgere l’attività giurisdizionale». Il 54 per cento pensa che la carcerazione preventiva sia «una misura da utilizzare solo in pochi casi e selezionati».
GIORNALISTI. L’aspetto forse più interessante della rilevazione è l’opinione che gli italiani si sono fatti del lavoro giornalistico. Oggi il Corriere della Sera, parlando della rilevazione, titola “Giudici, un’italiano su due non si fida”. È vero, è così: sono numeri molto diversi da quelli dei (bei?) tempi di Mani pulite quando Antonio Di Pietro aveva la fiducia dell’83 per cento degli italiani. D’accordo. Ma il sondaggio mette in evidenza che anche il lavoro dei media è guardato con sospetto: per il 48 per cento i giornalisti «dovrebbero valutare le conseguenze delle notizie» su persone o fatti sui quali la magistratura non ha ancora concluso le indagini; e per il 30 «non dovrebbero in nessun modo rendere pubbliche queste notizie». Per il 68 per cento degli intervistati è «dannoso il rapporto che si sviluppa tra alcuni magistrati e alcuni giornalisti».
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