Facciamo un esame all’esame di maturità

Di Giancarlo Tettamanti
15 Maggio 2021
È davvero utile? E a che serve il Curriculum dello Studente? È inutile e controproducente la pretesa dello Stato di governare l’istruzione nella speranza di rendere tutti uguali

La situazione nel nostro Paese è particolarmente difficile e, sotto certi aspetti, drammatica. Le problematiche che la interessano sono molteplici e tutte di una grave pregnanza. Economia, lavoro, educazione, scuola, sanità, sicurezza, sono temi che esigono un affronto deciso, che tuttavia la politica non sembra in grado di attuare.

Ciò che particolarmente ci preme, in questo momento, è l’esame di maturità: non che sia più importante di altri, ma fra poche settimane gli studenti delle superiori dovranno affrontare tale impegno, e non pochi – vista anche la situazione data dalla pandemia che ha costretto a lunghi mesi di uno studio difficile – sono giustamente trepidanti. 

La maturità in Italia

L’esame di maturità in Italia – denominato ufficialmente Esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore – con la Riforma Berlinguer è diventato la prova finale che conclude il corso di studi della scuola superiore italiana. Chi lo supera consegue un diploma di scuola secondaria di secondo grado, necessario per l’accesso all’università e a svariati indirizzi professionali. Rivisto più volte in questi ultimi anni – con il cambio frequente di Ministri alla Pubblica Istruzione – ha dimostrato una incertezza propositiva da parte della politica, con continue modifiche tese a ridurre la concreta capacità di giudicare la capacità culturale e la maturità personale di ciascun allievo, porta a considerare appieno la impossibilità dello Stato di garantirne la validità, e ciò fa considerare l’opinione secondo cui è bene invalidare il valore dell’esame, poiché  libertà di insegnamento ed esame di Stato sono concetti incompatibili.

Curriculum dello studente

Anche per quest’anno è  stato previsto un Curriculum dello Studente con tabelle e informazioni sul “percorso scolastico e certificazioni conseguenti” e le attività extra scolastiche svolte nel corso degli anni. Un curriculum che suscita qualche preoccupazione.  In tal senso si è espresso anche il presidente della Corte Costituzionale, Giancarlo Coraggio, che, durante la conferenza di presentazione della relazione annuale, ha dichiarato: “C’è qualche problema nel rischio di diseguaglianza, di favorire i più ricchi, che possono mandare i figli all’estero. Il Ministro alla Istruzione Patrizio Bianchi  è consapevole dei problemi e saprà affrontarli. Certo, da quel che si dice mi sembra che il problema e qualche giusta preoccupazione ci siano” (v: Corriere della Sera 4/5/21).

Abolizione del valore legale del titolo di studio

Sembra inutile e controproducente la pretesa dello Stato di governare l’istruzione nella speranza di rendere tutti uguali: i fatti hanno dimostrato il contrario. L’unica, la più importante riforma è appunto quella dell’abolizione o svalutazione del valore legale del titolo di studio. Solo se l’ordine degli studi verrà svincolato dal monopolio pubblico del sapere e dell’educazione, si potrà avere un sistema scolastico fondato sulla libertà.  Allo stato attuale i cosiddetti esami di stato rappresentano una valutazione degli studenti totalmente insignificante e per i docenti un rito frustrante e penoso.

Lo scopo dell’insegnamento

“Va proposta una configurazione organizzativa dello Stato quanto più possibile rispettosa della capacità, della volontà, del diritto di realizzare al massimo la propria persona all’interno del contesto sociale. Per far  questo occorre il riconoscimento reciproco delle proprie diversità quando vicendevolmente vengono messe a confronto: qui subentra, l’istituzione, la scuola e l’educazione. Tanti anni fa, dai Gesuiti, ho avuto insegnanti che battevano molto su un punto, in cui mi riconosco pienamente e che ho fatto mio. Non è tanto importante insegnare nel senso di fornire nozioni, ma è essenziale insegnare porgendo concetti valutativi, cioè insegnare a ragionare, a discernere rispetto alle nozioni che ti vengono date, per poter distinguere quelle che potrai accogliere perché faranno parte della tua capacità di ragionamento rispetto a quelle che tu stesso respingerai perché le consideri estranee. Continuo a pensare che questo sia lo scopo dell’insegnamento e continuo a credere in questo principio. Ciò che va dato è un modello, non una nozione, è uno strumento, non un fine” (Enrico La Loggia, in “L’educazione e l’istruzione nel XXI secolo”).

Dimostrare di essere idonei

Va condivisa l’idea di illustri giuristi – tra cui Luigi Einaudi e Salvatore Valitutti – che la valutazione non va fatta in uscita dei cicli di studio, bensì in entrata, come attuato dalle Università. Gli studenti sono chiamati a dimostrare di essere idonei a poter e voler frequentare il successivo percorso universitario, o anche l’impegno lavorativo e professionale. La fonte del valore dei titoli di studio che le scuole rilasciano non è, o meglio, non dovrebbe essere rappresentata dalla presunta garanzia dello Stato – garanzia che comunque non c’è – ma dal credito che gli stessi titoli conquistano nella pubblica considerazione.

Poiché di fatto non esiste nessuna garanzia statale, esiste un valore morale che ogni istituto, ogni scuola, conquista e mantiene perfezionando l’insegnamento e il tirocinio educativo che esso fornisce ai suoi alunni.

La logica el voto

Più che sulla costituzionalità del Curriculum, presidi e insegnanti si interrogano sulla sua reale utilità. Potrà essere usato in sede di esame per valorizzare – non valutare – il profilo dello studente. “Contiene dati utili anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro” replica il ministero. “Non credo che servirà molto – replica Mario Rusconi, capo dei Presidi del Lazio – i professori restano legati alla logica del voto e le università continueranno con i test di ammissione.” Senza contare che le commissioni d’esame quest’anno sono composte da professori della classe che conoscono i loro studenti e che probabilmente non sfoglieranno il Curriculum, e che non hanno bisogno del placet di uno Stato in-garante.

E ciò a dimostrazione della inutilità dell’esame di maturità nelle scuole superiori di secondo grado, e conclusivo nella scuola secondaria di primo grado. La costruzione del “bene comune” in una società democratica, pluralista, solidale e più giusta, ha bisogno di libertà e di autonomia operativa. Utopia? 

Foto Ansa

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