Ancora un esame di maturità sui generis

Di Giancarlo Tettamanti
09 Gennaio 2022
Solo se l’ordine degli studi verrà svincolato dal monopolio statale del sapere e dell’educazione, si potrà avere un sistema scolastico fondato sulla “libertà”

«Dopo il biennio pandemico, torna il “tema”, ma non la prova relativa le materie di indirizzo»: così inizia il suo intervento, su Tempi, Carlo Simone, che, con condivisibile perplessità, guarda il disegno della maturità 2022 che il ministro all’istruzione Bianchi starebbe per firmare.

Anche quest’anno si prevede che l’esame di maturità verrà nuovamente cambiato. Ancora una volta verrà modificato l’atto di passaggio in uscita di anni di studio. Sembra una disdetta, ma si è partiti nel 2000 con l’esame impostato su “quiz” (come se la maturità trovasse riconoscimento dalla soluzione dei quesiti della “settimana enigmistica”), per continuare, ad ogni cambiamento di ministro, con rivolgimenti che di fatto fanno dell’esame di maturità un”atto inutile”.

Scuola irresponsabile

Come evidenziato da Carlo Simone «si continua a respirare una strana aria di smobilitazione della scuola», ambito dove i soggetti in formazione dovrebbero imparare a pensare e a esternare giudizi critici sulla vita e sulla società.

Ciò evidenzia lo stato precario della scuola italiana, che pone demotivazioni negli studenti e spesso anche negli stessi docenti. Da qui un giudizio giustamente severo quello espresso, giudizio che evidenzia l’esistenza di gravi carenze e incertezze nel sistema nazionale di istruzione e formazione.

Attualmente gli esami di Stato danno adito a valutazioni insignificanti degli alunni; sono per i docenti un rito frustrante e penoso; rappresentano una deresponsabilizzazione della scuola che rilascia attestati di cui non è responsabile. Anno per anno si moltiplicano gli esempi di valutazioni a dir poco strane, tese ad avvalorare il convincimento di un sempre più necessario superamento di questo rito che serve soltanto al mantenimento di un sistema di potere e di pletora di interessi ingiustificati.

Libertà di insegnamento

La vera riforma sta nell’abolizione del valore legale dei titoli di studio. Solo se l’ordine degli studi verrà svincolato dal monopolio statale del sapere e dell’educazione, si potrà avere un sistema scolastico fondato sulla “libertà”: libertà di scuola e libertà di insegnamento.

Senza questa revisione, resta unica la fonte del valore legale del titolo: lo Stato! Unico il valore dei titoli rilasciati alla chiusura di ogni corso di studio. Unici i programmi ed identici i criteri di valutazione del profitto, nonché le prove scritte e orali alle quali i giovani sono sottoposti per poter conseguire il titolo di studio. E ciò senza considerare l’impossibilità di accedere ai gradi successivi di studio, né esercitare professioni o essere ammessi a pubblici concorsi, senza il titolo di studio affrancato dallo Stato.

È chiaro che tale Sistema rappresenta uno strumento del monopolio statale nel campo educativo: uno Stato indebitamente educatore!

Statale e non statale

Esso non esclude l’esistenza della scuola non statale, ma le impone di uniformarsi completamente nei metodi e nei programmi al modello di scuola statale, banalizzando la necessaria autonomia educativa e formativa sancita per legge e, cosa non da poco, elidendo lo stesso articolo costituzionale dichiarante che «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento».

Crediamo ancora ad una garanzia dello Stato? Difficile crederlo! Non esiste nessuna garanzia da parte dello Stato, esiste invece un valore morale che ogni istituto, ogni scuola, conquista e mantiene perfezionando l’insegnamento e il tirocinio educativo e formativo.

Valore del titolo di studio

Ciò pone in atto un cambiamento valutativo: la valutazione non viene fatta in uscita dei cicli di studio, bensì in entrata: cioè trasforma gli esami di licenza in esami di ammissione. La capacità del diplomato o del laureato deve essere giudicata non da chi impartisce le nozioni, ma da chi usufruisce delle prestazioni e del patrimonio di conoscenze delle persone.

Ciò che viene già attuato dalle università per l’accesso ai corsi di laurea. Ecco che allora il valore dei certificati che le scuole rilasciano resta frutto di un lavoro comunitario, di una trasmissione di esperienza personale e culturale, di un rispetto delle persone degli studenti e dei sacrifici delle loro famiglie. Soprattutto di una preoccupazione e passione educativa che emerge, che coinvolge, e qualifica giornalmente l’impegno di ognuno e di tutti.

Foto Ansa

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