«Non ho mai visto nessuno ridere col gusto con cui rideva don Giussani»
Leggi anche la recensione di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera
È un libro che tutti dovrebbero leggere, compresi i più aspri critici di Cl. Esce oggi in libreria la biografia di don Giussani scritta da Alberto Savorana, un lungo ritratto del sacerdote brianzolo che, secondo Gianni Riotta de La Stampa, andrebbe letto, da fedeli al Movimento e non, «come se trattasse un personaggio storico di cui mai abbiano sentito parlare prima. Evitando cioè che i pregiudizi, positivi o negativi che il fondatore di Cl ha attratto a lungo su di sé, impediscano loro di riscoprire un “don Gius” inedito». 1354 pagine, una raccolta di aneddoti, incontri, viaggi, citazioni, il dipanarsi di una vita di un sacerdote innamorato di Gesù e aggrappato alla sua fede, strumento per vivere e affrontare tutte le evoluzioni storiche e sociali dell’Italia del secondo dopo guerra. «Negli anni Cinquanta della Guerra Fredda – continua Riotta -, nel 1968 che spazza le università e svuota in un giorno i quadri di Gs, nel 1977 estremista che incendia le sedi di Cl e ne disperde le assemblee con pestaggi, come nella stagione in cui Cl e il Movimento Popolare assumono potere nella Chiesa, nella politica italiana, nell’economia e nei media, Giussani tiene un solo orientamento. Secondo il vescovo Camisasca, don Giussani “non è stato ossessionato dal problema della modernità. Ha sentito l’epoca moderna come un tempo che stava finendo, su cui non era necessario soffermarsi. Occorreva invece ripensare in termini nuovi le questioni di sempre, che la modernità aveva a suo modo reso impensabili… ricominciare da capo, riscoprire le parole fondamentali, riguardare l’uomo in azione per coglierlo nei suoi dinamismi più profondi nelle sue attese più radicali».
«LONTANO DA UN PALLIDO SANTINO». Il volume è imponente, e ci sarebbero diverse tentazioni in cui s’incorre nel leggerlo secondo Filippo Ceccarelli di Repubblica. A partire dall’accusa di essere eccessivo, troppo lungo: «E invece no, più si va avanti e meglio si scopre che questo libro è un autentico atto di gratitudine, quasi una preghiera per qualcuno che in migliaia e migliaia, non necessariamente di Cl, hanno vissuto come un grandissimo Amico. Là dove la maiuscola indica il riflesso di qualcosa di inesprimibile, che soltanto quel sant’uomo di Gius, in realtà quanto di più lontano da un pallido santino, è riuscito a trasmettere». Ma il rischio è anche quello di avvicinarsi al volume con pregiudizio e critica verso il movimento che quel sacerdote ha messo in piedi, affidandosi al versetto evangelico che dice: «Dai vostri frutti sarete riconosciuti». «Non che manchi il materiale, intendiamoci», continua Ceccarelli, «ma anche qui è un gioco troppo facile e superficiale, essendo appunto la natura umana un disastro per cui a maggior ragione le persone buone occorre saperle riconoscere e tenersele strette. Giussani oltretutto era sempre preoccupatissimo che nel suo movimento le cose andassero storte, spesso le correggeva (“Della vostra compagnia – arrivò a dire – io me ne infischio”), non di rado ne soffriva, ma al dunque l’augurio più sano in proposito l’ha pronunciato in dialetto lombardo una donna anch’essa buona e intelligente, Emilia Cesana: “Speremm desfen no quel che don Giussani el fa”, speriamo che non distruggano quello che lui ha costruito».
«È TRA I PROTAGONISTI DEL XX SECOLO». Che è comunque tantissimo, per Ceccarelli, seppur il volume sia dedicato a «ciò che egli è stato come uomo di Dio e amante dell’uomo, il che basta a giustificare le 1354 pagine del librone. E a collocare senz’altro la sua personalità fra i protagonisti del XX secolo. Un educatore e un ispiratore di movimenti. Un predicatore, un teologo, un filosofo, un poeta. A suo modo anche un letterato».
Nel libro la personalità del Gius è descritta in tutta la sua grandezza, seppur ciò che più stupisce è la grande umanità raccontata da chi lo ha incontrato, fossero fisioterapisti o domestici, negli ultimi momenti della sua vita: «“Era un uomo con cui era facile essere amico – riporta ancora Repubblica -, intimamente e intensamente amico. Era sincero, sempre, si stupiva di tutto, entusiasta della vita in qualsiasi condizione, generoso in modo estremo, umilissimo e paziente. Non ho mai visto – continua chi era al suo capezzale – una persona ridere col gusto con cui rideva il Gius. Non ho mai visto nessuno come lui non lamentarsi mai del male, tanto, che provava a causa della malattia. Non ho mai visto gustare una buona pietanza come faceva lui”».
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