Di Canio, non è dalle idee politiche che si giudica un allenatore. Ma dal fango sulle ginocchia
[internal_video vid=86479]«How is the suit?» Inusuale come domanda per riecheggiare nell’area stampa di uno stadio di calcio: d’altronde non poteva passare inosservata l’esultanza di Paolo Di Canio a nessun giornalista presente ieri al St. James’ Park, così qualcuno ha buttato lì anche una battuta sui pantaloni del suo vestito elegante (foto dal sito del Guardian). Zuppi di fango, per essersi gettato in ginocchio dopo la rete del 2-0 per il Sunderland, firmata da Johnson. Quel gol era pesantissimo, perché arrivato alla mezz’ora del secondo tempo e ha tagliato le gambe al Newcastle nel derby del Tyne-Wear, match già fondamentale per sua natura, figuratevi se c’è in mezzo la salvezza. «I miei pantaloni sono rovinati, ma spero lo saranno tutte le settimane», è stata la battuta dell’allenatore.
Alla fine il tabellino recita perentorio, 3-0, e tutti i giornali ora applaudono Di Canio: arrivato al Sunderland tra le polemiche per le sue posizioni politiche, in dieci giorni si è messo tutto alle spalle, riuscendo dopo 10 turni a riportare i Black Cats alla vittoria. È precoce fare discorsi su quanto sia stato fondamentale il suo apporto al gruppo, e lui stesso ha ribadito che la vittoria era fondamentale per la partita in sé, ma solo un piccolo passo per la classifica. Ma dal match visto ieri si può dedurre che, per gioco e risultato, l’arrivo del nuovo tecnico abbia introdotto un nuovo piglio a O’Shea e compagni. E ha introdotto un nuovo parametro per giudicare il valore di un manager: lo sporco sulle sue ginocchia.
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