Caro direttore, ho letto l’articolo dell’amico Renato Farina su Tempi, in cui esprime giudizi e valutazioni sulla detrazione delle rette per le famiglie che iscrivono i figli alle scuole paritarie, provvedimento contenuto nel disegno di legge sulla Buona scuola approvato dal governo, e che sta per iniziare l’iter. Io e Farina siamo mossi dalla stessa preoccupazione, cioè che la parità scolastica non resti sulla carta ma si traduca in una parità reale, e quindi economica. Renato giudica il provvedimento in maniera negativa, parlando di “elemosina”. Io non sono d’accordo. L’importo complessivo è di 66,4 milioni di euro all’anno e non è certo poco. Si poteva fare di più? Ovviamente, come in tutte le cose. Ma, come in tutte le cose, occorre anche tener conto di tutti i fattori della realtà.
C’è chi si lancia in esempi e chi in slogan di lamento: “la montagna ha partorito il topolino”, “il bicchiere è mezzo vuoto”. Tanto per rimanere sugli slogan direi che se è così bisogna anche dire che in 70 anni non c’è stato neppure il bicchiere e la montagna non si vedeva neppure con il cannocchiale.
È la prima volta, dalla Costituzione ad oggi, che un risultato concreto c’è. È una rivoluzione culturale inedita per l’Italia, perché quindici anni dopo la legge sulla parità scolastica, la 62/2000, durante i quali si è unicamente discusso di parità giuridica, finalmente si compie un primo passo verso la parità economica. Questo governo ha un senso se inizia a fare ciò che nessuno aveva mai provato a fare e sono contento se siamo noi ad aver contribuito a fare qualcosa di reale sul riconoscimento della libertà di scelta educativa. Non è un caso che illustri esponenti della Dc hanno dovuto riconoscere che neanche ai tempi della Democrazia Cristiana si riuscì a fare qualcosa di concreto per aiutare le scuole paritarie e le famiglie.
La norma riguarda circa 874 mila alunni, di cui 622 mila nella scuola dell’infanzia, 186 mila della primaria e 66 mila della media. Considerando che è prevista la detraibilità del 19% delle spese sostenute per un importo annuo non superiore a 400 euro ad alunno, il Miur stima un risparmio di circa 76 euro a figlio, all’anno, per undici anni di scuola. Certo, per essere completo, questo percorso dovrà necessariamente ricomprendere anche le scuole superiori paritarie, che sono frequentate da 120 mila alunni, e che a oggi sono escluse dai benefici fiscali. La scelta di limitare a materna, elementari e medie la detraibilità delle rette, è stata giustificata dal alcuni come una misura di contrasto ai diplomifici. Ma il Miur è già da tempo impegnato su questo fronte, con regole ferree e con sempre più ispettori in giro per l’Italia.
Da parte mia e del mio partito, Ncd-Area Popolare, c’è la volontà concreta di migliorare il provvedimento in Aula. Intanto, però, stiamo discutendo di un riconoscimento che fino ad ora nessuno aveva neppure provato a ipotizzare. La battaglia per la parità scolastica in Italia continua, di questo Farina e i lettori di Tempi possono stare tranquilli.
Cordiali saluti e buon lavoro.
Gabriele Toccafondi
* * *
Pubblichiamo di seguito la replica di Farina al sottosegretario.
I complimenti li avevo fatti e li rinnovo al grande Toccafondi, insieme a molti auguri. Mi interessa un punto: la lotta continua. 76 euro l’anno sono un punto di partenza, non di arrivo. Non inebriamoci per un goccetto.
Renato Farina
Foto scuola da Shutterstock