Prima la legge ha permesso di dare in adozione alla coppia di lesbiche due bambini, poi per lo stesso motivo il tribunale ha denunciato le donne. Si tratta della decisione di una Corte australiana che ha sottratto alla coppia il piccolo Campbell (nome di fantasia). Il bambino, di 6 anni, veniva vestito come una femmina e le sue foto pubblicate normalmente su Facebook. Ma il dietro front del tribunale è quantomeno singolare: anche se non arriva a vestire un maschio da bimba cosa si presume che insegni una coppia omosessuale ai suoi figli, se non che l’identità sessuale è una scelta soggettiva? E se si accetta questo perché scandalizzarsi del singolo episodio?
LA VICENDA. Campbell fu affidato alla coppia nel 2009, quando aveva 3 anni, insieme alla sorella di 12. Le pratiche svolte dall’agenzia Barnado’s Find-a-Family secondo la Corte australiana non hanno tenuto conto dell’instabilità della famiglia. Tanto che l’affido della sorella maggiore si era interrotto quando la coppia, dopo la lunga luna di miele e i trattamenti di fertilità per avere figli, aveva rotto la relazione per poi ricominciarla. Secondo quanto riportato dai media locali è stato proprio quando Abby se ne era andata che, quasi a volere una figlia femmina come loro, le donne avevano cominciato a vestire Campebell come lei.
ISTITUZIONI SCONVOLTE. La notizia è emersa il mese scorso, quando la Corte Suprema ha revocato l’affido, dopo che la coppia era ricorsa in appello cercando di mantenerlo. Ma il bimbo vive ormai dal 2010 in un’altra famiglia. Il magistrato dei minori, Barbara Holborow, ha però deciso di indagare in tutte le agenzie di adozione che affidano figli agli omosessuali. La Holborow ha dichiarato sconvolta all’Herald Sun: «Oh mio Dio, ma cosa stiamo facendo?».
Non solo, anche il ministro per la Famiglia, Pru Goward, turbato dalla notizia, ha deciso di aprire un’indagine rivolgendo agli inquirenti l’unica domanda da porsi: ha chiesto se durante le modalità di affidamento si tiene in considerazione il benessere del bambino. Con il silenzio imbarazzato dei difensori delle adozioni gay, che è cresciuto ulteriormente quando dall’indagine è emerso che, sebbene ci fossero problemi noti, la tutela dei diritti omosessuali ha prevalso su quelli della famiglia naturale: la vera madre del bimbo aveva più volte richiesto la custodia di suo figlio, vedendosi sempre negata la possibilità di riaverlo con sé.