Delitto Perugia, le motivazioni: «Amanda sferrò il corpo mortale»

Di Chiara Rizzo
29 Aprile 2014
Ecco perché Raffaele Sollecito e la Knox sono stati condannati per l'omicidio di Meredith Kercher. Il movente: «Una progressiva aggressività per l'uso di stupefacenti e per l'esasperata convivenza delle due»

Le parole usate dal presidente della Corte d’assise d’appello di Firenze Alessandro Nencini («L’omicidio è nato da una cosa tra ragazzi») all’indomani della sentenza con cui è arrivata la condanna al processo bis ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito hanno destato una bufera di polemiche e fatto avviare un procedimento disciplinare al Csm. Il procedimento si è chiuso lo scorso 16 aprile con l’archiviazione e una bacchettata per il giudice Nencini, che nell’intervista ha anticipato le motivazioni della condanna ben prima del loro deposito: quelle motivazioni infatti sono arrivate oggi.

«TUTTI UGUALMENTE RESPONSABILI». Secondo i giudici Meredith Kercher fu uccisa «colpita da due armi da taglio distinte» e Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Guede (ivoriano già condannato con rito abbreviato, in via definitiva) «sono ugualmente responsabili» e «collaborarono tutti per il fine che si erano proposti, immobilizzare Meredith e usarle violenza», e se «Guede era animato dall’istinto sessuale», Amanda e Raffaele «da volontà di prevaricazione e umiliazione» della ragazza inglese. Quella sera «l’arma che produsse la ferita nella parte destra del collo fosse impugnata da Raffaele Sollecito e l’altra lama, quella che produsse la ferita estesa sulla parte sinistra del collo, e che provocò la morte di Meredith Kercher sia stata da impugnata da Amanda Marie Knox. Si tratta del coltello sequestrato all’interno dell’abitazione di Raffaele Sollecito».

IL MOVENTE. La sera del delitto secondo i giudici in casa delle due ragazze scoppiò un litigio tra Amanda e Meredith con un’escalation di «progressiva aggressività». Rigettando la ricostruzione del tribunale di Perugia che aveva portato alla prima condanna, per la corte d’assise «Non è credibile che fra i quattro ragazzi fosse iniziata un’attività sessuale di gruppo». Un litigio futile, piuttosto, trasformatosi in furia omicida: «Una situazione di apparente normalità potrebbe essere stata rotta dall’accendersi della discussione che si inserì in un contesto in cui sia per le condizioni psicofisiche degli imputati (raccolti in intimità e facendo anche uso di stupefacente) sia per il livello di esasperazione cui era giunta la convivenza tra le ragazze, si ebbe una progressione di aggressività, all’interno della quale può collocarsi la violenza sessuale» commessa da Guede, aiutato dagli altri due.

LE PROVE. L’arma del delitto anche per i giudici dell’appello bis resta il coltello sequestrato in casa di Raffaele con sangue misto di Amanda e Meredith: «non è incompatibile con la ferita riportata da Meredith Kercher sulla parte sinistra del collo, ferita sicuramente mortale e che quindi il rinvenimento sulla lama del coltello del Dna di Meredith Kercher è un dato processuale pienamente compatibile sia con la natura dell’arma, sia con il suo utilizzo». Un altro elemento di prova per i giudici è stata una traccia biologica di Raffaele ritrovata su un gancetto del reggiseno di Meredith (ritrovato sul luogo del delitto), per cui «Il gancetto fu quindi manipolato dall’imputato la sera dell’omicidio». Altri «elementi plurimi e concordanti» di prova secondo i giudici sono state le tracce (di sangue della vittima) lasciate da Raffaele e Amanda.

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