
Il cristianesimo identitario dell’Europa dell’Est

La percezione comune è che il cristianesimo in Europa si stia lentamente spegnendo, soppiantato da un galoppante ateismo a cui si contrappone la salda fede islamica di molti immigrati. Se questo può essere vero per la parte occidentale del continente, una ricerca condotta dal Pew Research Centre, un think-tank con base a Washington, mostra invece che la religione è una parte importante per l’identità individuale e nazionale di molti paesi dell’Europa centrale e orientale. Pur essendo regioni in cui il regime comunista, un tempo, puntava a soffocare i culti religiosi e promuovere l’ateismo, la maggior parte dei cittadini di quelle aree dichiara in credere in Dio. Gli ortodossi costituiscono il 92 per cento della popolazione in Moldavia, il 90 per cento in Grecia, il 71 per cento in Russia, mentre i cattolici sono l’87 per cento in Polonia, l’84 per cento in Croazia, il 75 per cento in Lituania e il 56 per cento in Ungheria (cioè nei paesi più vicini geograficamente al blocco occidentale).
RELIGIONE E IDENTITÀ. Il Pew Research Centre rileva che in questi paesi religione e identità nazionale si intrecciano strettamente, per cui in Russia e in Polonia essere ortodosso o cattolico è importante per essere «un buon russo» o «un buon polacco». Questo vale anche per la Grecia, dove la Chiesa ha giocato un ruolo centrale nella lotta d’indipendenza all’Impero Ottomano e dove oggi il 76 per cento della popolazione sostiene che essere ortodosso significa essere «un buon greco». Questa convinzione rimane anche se relativamente pochi fedeli partecipano regolarmente alle cerimonie di culto, tanto che solo il 10 per cento dei cristiani ortodossi di queste aree dichiara di andare a Messa almeno una volta alla settimana. Come scrisse la sociologa Grace Davie nel 1994, nell’Europa occidentale predomina «il senso religioso senza il senso dell’appartenenza», cioè le persone credono in Dio, ma non provano la necessità di partecipare attivamente alla vita religiosa della collettività; al contrario, l’Europa centrale e orientale è caratterizzata dal «senso religioso unito al senso dell’appartenenza, ma senza la ritualità», cioè la maggior parte dei fedeli, per quanto la religione sia parte integrante della loro identità, non adottano comportamento religiosi come la preghiera quotidiana o altre pratiche religiose.
ABORTO E OMOSESSUALITÀ. Lo studio evidenzia inoltre che, a differenza di altri paesi occidentali, nell’Europa dell’Est la religiosità non equivale automaticamente a posizioni conservatrici in temi sociali, come l’aborto o l’omosessualità. Per esempio, in Polonia (a maggioranza cattolica) solo circa metà dei cittadini adulti (il 48 per cento) ritiene che l’omosessualità sia moralmente sbagliata. Tendenzialmente c’è una differenza generazionale: in Grecia sono a favore dei matrimoni gay soprattutto i cittadini tra i 18 e i 34 anni (45 per cento), mentre gli over 35 favorevoli sono solo il 19 per cento. In Russia, invece, solo il 9 per cento dei giovani e il 3 per cento dei più anziani sono a favore dell’omosessualità. Il quadro generale dunque è comunque di un diffuso conservatorismo.
RUSSIA. Viene poi messa in luce l’influenza religiosa della Russia sulle altre regioni. Per gli ortodossi il punto di riferimento è tradizionalmente il Patriarca di Costantinopoli (attualmente Bartolomeo I), ma molti fedeli guardano al Patriarca di Mosca Kirill come vera autorità religiosa, persino in regioni di etnia non russa (come Serbia e Armenia). Questo perché, come è risaputo, la Russia gioca un fondamentale ruolo culturale e geopolitico nell’area e molti cittadini dell’Est ritengono che la Russia abbia il dovere di proteggere gli ortodossi anche fuori dai propri confini. Soprattutto, molti paesi a maggioranza ortodossa ritengono che «una Russia forte sia necessaria per bilanciare l’influenza dell’Occidente». Questo vale anche per la Grecia, un paese che pure fa parte dell’Unione Europea, ma dove il 70 per cento della popolazione è russofila. Invece, questo sentimento è condiviso in misura minore tra i cattolici. L’unica eccezione è l’Ucraina, in seguito al conflitto scoppiato nel 2014 per il controllo della Crimea: nell’Ucraina dell’ovest il 69 per cento dei cittadini ritiene che sia loro interesse collaborare con le potenze occidentali, mentre nel’Ucraina dell’est solo il 53 per cento è sulle stesse posizioni.
L’OCCIDENTE. In tutti i paesi del blocco orientale, la maggior parte della popolazione concorda che «esiste un conflitto di valori tradizionali tra il nostro paese e l’Occidente» (il 91 per cento in Russia, l’86 in Serbia e Armenia). Tra questi valori, la democrazia è quella che suscita più dubbi. Secondo lo studio, solo la Grecia e la Lituania hanno chiaramente affermato che la democrazia è la miglior forma di governo (rispettivamente con il 77 e il 64 per cento). Gli altri paesi hanno sostenuto in maggioranza che in alcune circostanze sia preferibile un governo non democratico, oppure hanno indicato come risposta al questionario: «Per alcuni come me, non è importante il tipo di governo». In Russia, per esempio, il 58 per cento della popolazione ritiene che Stalin abbia giocato un ruolo positivo nella storia, mentre solo il 22 per cento preferisce Gorbachev.
Foto Ansa
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