
Mi hanno raccontato cose da non credere su una certa società di calcio

Anticipiamo un articolo tratto dal numero di Tempi in edicola da giovedì 20 ottobre (vai alla pagina degli abbonamenti)
Mi hanno raccontato che ci sarebbe una società di calcio che per anni non ha vinto nulla, pur spandendo e spendendo soprattutto in pippe, come un tale brasiliano (30 miliardi) passato alla storia non per le sue imprese sul campo ma per aver posato per una rivista gay con l’aggeggio al vento.
Ci sarebbe una società di calcio che ha fatto pedinare e intercettare un suo giocatore perché non era in grado di controllarlo con la forza della sua solidità, della sua storia, della sua struttura.
Ci sarebbe una società di calcio che cambiava allenatori come gusti di gelato d’estate.
Ci sarebbe una società di calcio che per anni si è lamentata perché ci sarebbe stato un complotto ai suoi danni per cui gli arbitri e le istituzioni politiche avrebbero tramato per favorire l’odiata rivale.
Ci sarebbe una società di calcio che, grazie a un pacco di intercettazioni (dal malloppazzo, però, sono sparite quelle che la riguardavano), ha azzerato i rivali e ha, infine, cominciato a vincere.
Ci sarebbe una società di calcio che, finito il ciclo degli allenatori manager, cioè quelli che di fatto escludevano la società dalle decisioni, è tornata allo stato di prima, acquistando pippe e non vincendo nulla.
Ci sarebbe una società di calcio che non sapendo controllare i suoi giocatori (vedi sopra) ha passato una brutta estate perché il suo giocatore migliore, condizionato dalla procace moglie, faceva casino sul mercato.
Ci sarebbe una società che si è trovata con l’autobiografia del suo capitano (lo stesso di prima) che minaccia i tifosi e questi, quindi, che minacciano lui.
Mi hanno raccontato che ci sarebbe una società così, ma non ho abboccato. Non esiste una società così.
Foto Ansa
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