Così la Germania ha annullato l’effetto Monti e aumentato lo spread

Di Rodolfo Casadei
16 Novembre 2011
Prima il capo della Bundesbank Jens Weidmann ha escluso che la Bce intervenga per stabilizzare il mercato dei bond, poi Angela Merkel ha escluso la creazione di Eurobond e infine al congresso della Cdu hanno approvato una mozione per chiedere la revisione del Trattato di Lisbona, perché un paese possa uscire dall'euro senza uscire dall'Unione Europea

Stamattina tutti i giornali italiani registrano dolorosamente il “mancato effetto Monti”, cioè la mancata flessione dello spread fra i titoli di Stato italiani e i bund tedeschi, e il tasso d’interesse vertiginoso che l’Italia ha dovuto pagare per rinnovare 3 miliardi di bond a 5 anni all’indomani delle invocatissime dimissioni di Silvio Berlusconi. Il divario fra i titoli italiani e quelli tedeschi torna ad essere superiore ai 500 punti, e per rinnovare i suoi debiti il nostro paese ha dovuto pagare un interesse del 6,29 per cento (il più alto registrato dal 1997).

Il Corriere della Sera cerca una spiegazione contingente dell’accaduto in un’intervista rilasciata dal danese Christian Clausen, numero uno della European banking federation, che avrebbe mandato agli istituti di credito un input preciso: pensate a ridurre il vostro portafoglio se non volete «essere risucchiati nell’epicentro della crisi». Gli altri quotidiani nazionali tacciono, paralizzati dallo spavento. In realtà se proprio si vogliono individuare le ragioni contingenti che hanno azzerato l’effetto Monti bisogna, ancora una volta, guardare dalle parti di Berlino. Lì ieri sono successe tre cose di cui i media italiani sembrano non essersi accorti.

Anzitutto c’è stato l’intervento del capo della Bundesbank Jens Weidmann, che ha spazzato via le speranze di un intervento deciso da parte della Bce per stabilizzare il mercato dei bond e quindi guadagnare un po’ di tempo a vantaggio dell’operazione Monti e del suo governo. Intempestivamente Weidmann ha affermato in un forum a Francoforte: «La politica monetaria non deve risolvere i problemi di solvibilità di stati e banche», e ha ribadito che la Bce violerebbe il suo mandato se intraprendesse politiche di monetizzazione del debito. Il trattato europeo proibisce alla Bce di agire come prestatore di ultima istanza, sia direttamente che dietro lo schermo del Fondo Monetario Internazionale. Non contento del suo exploit, Weidmann se l’è presa direttamente coi bond italiani, dichiarando che non sarebbero «una grossa faccenda», e che l’Italia deve cavarsela da sola, perché «il finanziamento monetario stabilirebbe gli incentivi sbagliati. Stabilizzare il tasso d’interesse per un paese certamente non è compatibile con il nostro mandato».

Poche ore dopo al congresso della Cdu a Lipsia la cancelliera Angela Merkel ha auspicato «un decisivo passo in avanti verso una nuova Europa, e l’unione politica», ma ha escluso la creazione di Eurobond o di altre forme di messa in comune del debito dei differenti paesi, come pure qualunque forma di trasferimento fiscale agli stati più deboli dell’Unione monetaria europea. Insomma, l’Europa sta affrontando la sua «ora più difficile», come ha detto la stessa Merkel, ma non c’è nessun segnale che la Germania voglia assumersi nuove responsabilità. Non si dimentichi che solo pochi giorni fa frau Merkel ha rigettato le proposte di cinque “saggi” tedeschi che proponevano l’istituzione di un fondo temporaneo di ammortamento per mutualizzare 2,3 miliardi di bond dell’eurozona, che sarebbe stato un vero e proprio patto europeo per l’ammortamento del debito. La cancelliera parla sì di unione fiscale, ma intendendo cose molto diverse da quelle che il resto d’Europa intende con tale termine. La sua è un’unione per la stabilità dove Bruxelles assume maggiori poteri di controllo e sanzione nei confronti degli stati che producono deficit eccessivi. E che prevede persino un Commissario per l’austerità con poteri adeguati per intervenire nell’amministrazione degli stati contravventori.

Terza ciliegina sulla torta la mozione votata dal congresso della Cdu nella quale si chiedono emendamenti al trattato d’Unione Europea che rendano possibile l’uscita volontaria di un paese dall’euro senza per questo dover uscire anche dalla Ue. Inizialmente la mozione era ancora più minacciosa, in quanto chiedeva la creazione di meccanismi che rendessero automatica l’espulsione dall’eurozona di un paese contravventore. Dopo una mediazione promossa dalla stessa Merkel, si è optato per una versione che chiede una riforma del Trattato di Lisbona tale per cui un membro della eurozona «incapace o indisponibile a rispettare permanentemente le norme connesse alla moneta comune… possa volontariamente… lasciare l’eurozona senza lasciare l’Unione Europea». È stata questa bella raffica di notizie dalla Germania ad annullare i potenziali benefici dell’insediamento di governi tecnocratici in Grecia e in Italia, spingendo verso l’alto gli spread dei titoli italiani e spagnoli rispetto a quelli tedeschi.

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