Come fanno i ciechi a giocare a baseball? Così [link url=https://www.tempi.it/videogallery/con-aibxc-a-bologna-i-ciechi-giocano-a-baseball#axzz1y7uv2LBj]Video[/link]
Questa domenica Bologna ospiterà una competizione particolare. Nel capoluogo emiliano la Milano Thunders Five e la Fiorentina Bxc si sfidano nella finale del torneo nazionale di baseball per non vedenti. Sì, i ciechi giocano a baseball, e il progetto non è nuovo, ma il risultato di un’idea sviluppata da un gruppo di ex-giocatori professionisti degli anni Settanta. La prima partita si è giocata il 16 ottobre 1994, a Casalecchio di Reno, e hanno vinto i Red Sox. Pian piano, lungo un work in progress di sperimentazioni e di tentativi, il campionato ha preso forma in tutta italia, con squadre a Milano, Firenze, Roma e Verona.
Spiega a tempi.it Stefano Malaguti, commissario alle attività agonistiche dell’associazione Aixbc: «Per questo sport Alfredo Meli, nostro fondatore ed ex-giocatore ha messo insieme tante conoscenze diverse». La sfida del campione era delicata: bisognava rendere lo sport accessibile a giocatori non vedenti. E la strada era impervia: «Ci sono stati due anni di preparazione. Volevamo che i nostri ragazzi giocassero un baseball simile a quello che si vede in televisione, ma era difficile installare sulla palla dei relais elettronici che sostenessero l’impatto di una battuta, ad esempio».
E ci siete riusciti? «Sì. Il nostro sport non ha uno spirito diverso dal baseball più prestigioso. Ci sono tutte le azioni base: prendere palla, lanciarla, battere e correre per raggiungere le basi». E i risultati sono eccezionali: «Grazie a una palla di gomma forata, con dei sonagli di ottone all’interno, i giocatori non vedenti riescono a ricevere la battuta seguendo l’udito. Corrono lungo le basi, guidati da un allenatore vedente che segnala la propria posizione battendo delle palette di legno l’una contro l’altra, e raggiungono la seconda base segnando un punto». La grandezza del campo e la quantità di giocatori è ridotta: ci sono cinque non vedenti per squadra, coadiuvati da due allenatori vedenti.
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In tutto, l’associazione conta un’equipe di circa trenta associati(tra coach, tecnici e amministratori) e un centinaio di giocatori disabili. Uno sviluppo inaspettato «per un’idea nata quasi per caso. Un collega di Meli, cieco, lo ha invitato a vedere una partita di calcetto giocata da non vedenti. Alfredo si stupì così tanto dell’iniziativa, che gli venne l’illuminazione». E adesso, i diamanti di molte città italiane ospitano queste partite: «Lo scopo? Un miglioramento personale, perché i ragazzi acquistino fiducia e si godano uno spazio libero, in cui muoversi senza costrizioni».
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