Cinque milioni di bambine verranno falcidiate dall’aborto selettivo
Quasi cinque milioni di bambine non vedranno la luce: è l’effetto atteso dell’aborto selettivo nei prossimi dieci anni. E saranno 22 milioni entro il 2100. Non lo affermano i prolife, ma il British Medical Journal che questa settimana ha pubblicato una corposa ricerca sull’aumento delle interruzioni di gravidanza in base al genere nei paesi dell’Europa sud orientale e dell’Asia meridionale e orientale. Osservando le tendenze e il tasso di diminuzione della fertilità nei paesi a forte “preferenza culturale per la prole maschile” le proiezioni indicano un deficit di 4,7 milioni di bambine entro il 2030, 22 milioni entro i prossimi 80 anni.
Milioni di bimbe perdute in India e Cina
Non è una sorpresa: gli studi citati dal Medical News Today hanno quantificato il numero di bambine soppresse in utero tra il 1970 e il 2017: sono 45 milioni, il 95 per cento delle quali proveniva da Cina e India. Qui un recente studio di Lancet ha certificato che in trent’anni l’aborto selettivo ha fatto sparire 22 milioni di bambine: un numero esorbitante, «una delle forme più gravi di discriminazione di genere», la definisce lo studio, in aumento del 60 per cento, soprattutto «nelle famiglie più ricche ed educate». Quanto alla Cina, oltre trent’anni di politica del figlio unico e di aborti forzati, da cui salvare solo i maschi, già preferiti dalla cultura tradizionale, hanno portato a un massiccio squilibrio di genere: ci sono 40 milioni di uomini in più rispetto alle donne. E trovare moglie è diventata un’impresa per i giovani, soprattutto i meno abbienti.
Secondo i ricercatori dello studio pubblicato dal Bmj, che hanno analizzato i dati relativi a oltre tre miliardi di nascite negli ultimi 50 anni, una società a forte struttura maschile potrebbe avere conseguenze drammatiche sulla natalità e la demografia nonché sull’aumento di violenze e comportamenti antisociali fino a influenzare «la stabilità a lungo termine e lo sviluppo sostenibile» della società stessa. L’appello è a correre ai ripari e agire concretamente e a livello giuridico per mettere fine alla «discriminazione» dei feti femmine, termine utilizzato da dieci anni dalle maggiori agenzie delle Nazioni Unite, dall’Oms all’Unicef, che in un report storico hanno espresso una durissima condanna della selezione di genere: 140 milioni le vittime di questa discriminazione, donne “scomparse” prima di venire alla luce.
La difesa “progressista” dell’aborto selettivo
Una discriminazione che non viene perpetrata solo nelle culture pregiudizialmente dalla parte dei maschi: se è vero che in India vengono abortite ogni giorno 7 mila bambine con tanto di denuncia di «femminicidi per “aborto preventivo”» e «genocidio di genere» da parte dei giornali, è anche vero che non mancano nei paesi più progressivamente aggiornati le difese d’ufficio dell’aborto selettivo.
Il caso più eclatante arriva dal Canada, dove due mesi fa il parlamento ha votato a maggioranza schiacciante contro una legge che avrebbe reso un crimine «per un medico eseguire un aborto sapendo che l’aborto è ricercato esclusivamente sulla base del sesso genetico del bambino». Per Trudeau e compagni liberal è «del tutto inaccettabile» non difendere «il diritto di scelta di una donna». Facile condannare la selezione di genere in India. Difficile quando nei paesi emancipati dagli stereotipi, dall’incultura e dalla fragilità economica imputata alla selezione di genere nelle province indiane si possono abortire le bambine in nome dei diritti delle donne ed è un’idea del tutto inaccettabile discriminarle proteggendole fin dal concepimento.
Foto di ?? Janko Ferlič su Unsplash
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