Cattaneo, assessore minacciato di morte: «Per me l’avversario non è un nemico da abbattere»

Di Benedetta Frigerio
20 Aprile 2011
Raffaele Cattaneo, assessore a Infrastrutture e mobilità della Lombardia è stato minacciato di morte dall'Unione generale del lavoro. A Tempi dichiara: «Il clima generale ci sta abituando a un tipo di politica violenta e basata sull'eliminazione dell'avversario. Io parto dall'ipotesi che l'altro non è un nemico da eliminare»

Nella giornata di ieri l’assessore lombardo alle Infrastrutture e mobilità Raffaele Cattaneo ha ricevuto minacce di morte tramite un volantino dell’Ugl (Unione generale del lavoro), con tanto di firma del responsabile e delegato lombardo, ora sospeso. Sui fogli distribuiti all’aeroporto di Linate si legge: «Visto che nelle trattative l’assessore Cattaneo non vuole discutere con il rappresentante Ugl Taxi e con altri rappresentanti dei sindacati che osano opporsi alla dittatura abbiamo timore per lui che alcuni lavoratori esasperati in futuro possano offrirgli la stessa sorte del compianto Biagi».

Assessore il sindacato si è subito dissociato, ma come è possibile che una persona arrivi a scrivere un monito del genere firmandolo e quindi senza accorgersi della gravità di quanto scritto?
E’ possibile perché se il delegato Ugl non si è reso conto fino in fondo di quanto ha scritto, d’altro canto questo episodio dice di un clima generale che ci sta abituando a un tipo di politica violenta e basata sull’eliminazione dell’avversario. I tavoli sindacali sono la prima sede di questa violenza. Quindi si arriva a scrivere una minaccia senza accorgersene e questo è più grave di uno che faccia lo stesso, ma di nascosto.

Si respira un clima avvelenato. Ieri un candidato del Pdl si è dovuto dimettere per aver affisso manifesti contro la magistratura. Qual è secondo lei la causa di questi episodi?
Sicuramente quello che è accaduto a me è solo uno dei mille episodi da cui emerge il dilagare di un odio, presente anche all’interno dello stesso schieramento. Ormai la maggioranza dei politici si muove secondo un’immagine che sintetizzo così: la politica si fa battendo il pugno sul petto dell’altro, cioè si pensa che le cose cambino non chiedendosi cosa possiamo fare noi, bensì cosa non ha fatto l’altro per poi accusarlo. Questo è il principio distruttivo che va per la maggiore. Inoltre, non c’è più l’idea che per collaborare al bene comune occorra dialogare con l’altro. Il punto è diventato unicamente quello di fare il proprio interesse, dove chi ha un’idea diversa da me è impedimento alla mia realizzazione e quindi il nemico da denigrare.

Da quanto sente tirare quest’aria? Era già presente prima che la stampa la assecondasse e quale sarebbe la sua causa?
La barbarie si è andata incrementando in questi ultimi anni. Sicuramente la mediatizzazione della politica che accentua solo i toni alti ha influito sul modus operandi del nostro mondo. E’ un gatto che si morde la coda. Ma credo che questa instabilità sia il frutto della perdita dell’idea di un bene comune che si può raggiungere solo con l’altro e per cui l’altro, anche se diverso, è sempre una risorsa per te di cui non puoi fare a meno.

E’ ancora possibile lavorare e fare politica in maniera costruttiva?
Sicuramente sono preoccupato, ma proprio questo è un motivo in più per andare avanti a fare politica. La voglio fare impegnandomi in un lavoro instancabile affinché si trovi l’accordo migliore per tutti. L’antidoto a questo veleno è concreto e va giocato in un operato faticoso che parta dall’ipotesi che l’altro non è un nemico da eliminare. Per questo motivo ho deciso di riavviare immediatamente le trattative con i tassisti. Domani ci raduneremo e sono certo che ponendosi positivamente ne usciremo con un accordo che soddisfi tutti.

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