Caso Zika, qual è finora l’unica certezza? «Il fallimento storico del sistema sanitario del Brasile»

Di Leone Grotti
03 Marzo 2016
Secondo gli studiosi del paese, il governo ha sempre mentito sul reale numero di microcefalie nel paese. Ecco perché anche i numeri allarmanti di oggi sono «largamente illusori»
Caio Julio Vasconcelos who was born with microcephaly is kissed by a therapist at the Institute for the Blind in Joao Pessoa, Brazil, Thursday, Feb. 25, 2016. Researchers from the Centers of Disease Control and Prevention continue to fan out across one of Brazil's poorest states in search of mothers and infants for a study aimed at determining whether the Zika virus is causing babies to be born with unusually small heads. (AP Photo/Andre Penner)

Tra le tante incertezze che avvolgono il caso Zika e l’eventualità, ancora tutta da dimostrare, che il virus possa causare la microcefalia, c’è una certezza che accomuna tutti i medici e gli scienziati che si stanno dedicando al problema: da anni il Brasile trucca e falsifica i dati clinici del paese.

L’ALLARME. Da ottobre, secondo le autorità sudamericane, sono stati riscontrati 5.640 casi di microcefalia che, sempre a detta del ministero della Salute, sarebbero stati causati dal virus Zika. Indagini più approfondite sono cominciate e già si è capito che i numeri sono sicuramente inferiori: finora, infatti, solo 583 casi sono stati confermati e solo in 67 casi i bambini hanno presentato il virus Zika insieme alla patologia. Gli scienziati, però, continuano a mettere in guardia dal confondere la concomitanza e la causalità.

«CIFRE ILLUSORIE». Quando le indagini e i test medici saranno finiti, si potrà sapere esattamente a quanto ammontano davvero i casi di microcefalia. Resta il fatto che in precedenza il Brasile ha sempre riportato 150 casi all’anno, una cifra «largamente illusoria» secondo i medici locali «dovuta a numeri largamente sottostimati». In base a questi dati, infatti, appena 0,5 bambini su 10 mila nascerebbero in Brasile con questa patologia, mentre negli Stati Uniti sono un numero che varia da 2 a 12 su 10 mila. Di conseguenza, riporta il Washington Post, «il Brasile potrebbe avere migliaia di casi non documentati ogni anno».

SISTEMA NON FUNZIONA. «Stupidamente, i numeri non vengono riportati e questo ovviamente impedisce di capire gli effetti dell’epidemia di Zika», spiega Salmo Raskin, docente di medicina genetica alla Pontifica università cattolica di Parana. «Zika sta gettando una luce sui fallimenti storici del nostro sistema sanitario». Ma perché il sistema di rilevamento del Brasile non funziona?

RICHIESTE INASCOLTATE. Una ragione consiste nel metodo: nel paese sudamericano medici ed ospedali non sono obbligati a riportare al ministero l’esistenza di un caso di microcefalia, anche quando viene accertato. La comunicazione è diventata obbligatoria solo ora, dopo che il ministro della Salute ha lanciato l’allarme sul possibile collegamento tra la patologia e Zika. Inoltre, anche adesso il sistema prevede che il medico indichi la presenza o meno della patologia, ma non richiede di riportare la circonferenza della testa del neonato e così non è possibile capire se si tratti davvero di microcefalia. Raskin, che è anche presidente della Società brasiliana per la medicina genetica, ha chiesto spesso al Ministero di adottare un sistema per rilevare e di conseguenza prendersi cura dei casi di difetti congeniti nei neonati. Ma le sue richieste non sono state ascoltate.

ALTRE CAUSE. L’impennata dei casi, dunque, potrebbe non essere dovuta all’emergere di un nuovo fattore (come ad esempio un virus) ma semplicemente al nuovo tipo di controlli effettuati sulla popolazione. Anche perché, spiega ancora Raskin, la maggior parte della popolazione viene curato dal pessimo servizio sanitario nazionale, che molte volte non riesce a curare per tempo alcune cause prevenibili della microcefalia, come la sifilide («un tempo debellata, ma ora un bambino ogni 100 nasce con la sifilide») o la sindrome alcolica fetale causata dall’abuso di alcol in gravidanza da parte della madre. Uno studio citato da João Monteiro de Pina Neto, docente di medicina genetica all’Università di San Paolo, indica ad esempio che il 30 per cento delle madri della regione beve troppo in gravidanza. Anche lui ha provato a proporre al governo campagna di prevenzione, ma è stato ignorato.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

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