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Caso Loris, Iacopino (Ordine giornalisti): «Stufo della vita degli altri raccontata dal buco della serratura»

«Non si può oltraggiare una casa privata né una scuola elementare». Intervista al presidente dell'ordine dei giornalisti

Chiara Rizzo
09/12/2014 - 16:01
Interni
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Giornalisti assiepati in procura a Ragusa, durante un nuovo interrogatorio alla mamma di Loris

Da ieri a mezzanotte è in stato di fermo la mamma del piccolo Loris Stival, il bimbo di 8 anni di Santa Croce di Camerina (Rg) trovato morto lo scorso 29 novembre. Veronica Panarello non ha convinto gli inquirenti per alcune incongruenze, ma il fermo deve ancora essere valutato dal Gip che deciderà se confermarlo o meno entro 48 ore: la donna si professa innocente. Sui principali quotidiani e tg, nazionali e locali, oggi la notizia è in primo piano, e Panarello, salvo alcuni casi rari, è dipinta come colpevole dell’omicidio. Non a caso l’avvocato difensore della donna ha ammonito: «È indagata, anche mediaticamente, ma non è colpevole, non condannatela subito». Mentre fioccano le congetture, anche sul passato della donna, il presidente dell’ordine dei giornalisti Enzo Iacopino ha lanciato un appello ai giornalisti:«Mi piacerebbe non si scavasse oltre nella sua infanzia-adolescenza. Si rischia di coinvolgere nel giudizio dell’opinione pubblica persone estranee al suo presente e di travolgere ancor più i sentimenti di quanti oggi le stanno vicino: il marito e i suoi familiari, lasciando tracce che segneranno anche il futuro dell’altro figlio che oggi ha 4 anni», spiega Iacopino a tempi.it.

In questi giorni abbiamo visto la famiglia sotto assedio. Domenica, in un’omelia, il parroco del paese è sbottato: «Telecamere dappertutto, anche fuori dalla scuola elementare. Non se ne può più. Sono anche in chiesa. Ma non hanno altro da fare? Vergogna». Cosa pensa del caso Loris dal punto di vista mediatico?
Non è che non sia accaduto niente a Santa Croce di Camerina. Ricordo che è stato ammazzato un bambino. Lo sviluppo che sembra prendere l’inchiesta, cioè che sia stata la madre – e vorrei ancora illudermi che non sia così –, è il più terribile. Perciò, ripeto, non è che non è successo niente in paese, la voglia di verità su questa vicenda mi pare che sia normale. Detto questo, se poi qualcuno si comporta male, e fa illazioni sul passato della madre, questo mi sembra deplorevole. Però credo che una giusta pressione dei mezzi di informazione ha aiutato lo sviluppo dell’inchiesta.

La mamma e il papà di Loris Stival escono dalla procura di Ragusa, la notte del 9 dicembre: Veronica Panarello è già in stato di fermo.

È giornalismo quello che vediamo in azione a Santa Croce di Camerina? Come distinguere il confine tra diritto dell’informazione e morbosità?
Il modo è banalissimo. Dobbiamo affrontare gli argomenti per la verità e per le persone tutte. Non c’è bisogno di sofisticate carte deontologiche per comprendere il confine. Penso che il confine venga sorpassato quando, come in questa vicenda, le troupe di giornalisti piantonano una casa dove vive una donna che, in base alla legge, è ancora innocente, e un padre che è sicuramente innocente perché non era in paese quel sabato, e un bambino di appena quattro anni. Non è corretto. Mi rendo conto che i colleghi siano lì sotto la pressione dei direttori delle loro testate che pretendono continuamente nuovi sviluppi, ma non penso che i direttori possano imporre di oltraggiare una casa. O almeno me lo auguro.

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E della scuola elementare di Loris, dei suoi compagi presi ogni giorno d’assalto dalle telecamere e dai microfoni dei giornalisti cosa pensa? Crede che sia stata informazione quella?
Penso sia un’esasperazione dell’idea di informazione che è stata imposta dalla tv, che porta a mandare in circuito anche il penultimo respiro di un cantante che muore, come accaduto con Mango. Se si prova a dire che dovremmo tutti riflettere, per questo diventi un censore o un nemico della libertà di stampa: è capitato che lo abbiano rimproverato anche a me, ma non mi preoccupo. La libertà di informazione non comporta solo diritti, ci sono anche doveri. Cosa può dire un bimbo di 8 anni su Loris? Che era bravo a calcetto? Però l’intervista al compagno di scuola fa scena. Qualche giornalista obietta che sono i cittadini, i suoi lettori o ascoltatori, a voler sapere queste cose. È vero, c’è un pubblico che è interessato a sapere i dettagli anche più morbosi. Il punto è, a mio avviso, che ciascuno di noi pretende per sé stesso sempre un rispetto diverso da quello che tendiamo a riconoscere agli altri e questo non è morale. Non voglio apparire un don Chisciotte, e nemmeno un Sancho Panza, ma sono stufo della vita degli altri raccontata dal buco della serratura.

Casa degli Stival sotto l’assedio delle troupe tv

Lei in questi giorni ha scritto due appelli sul caso Loris, bacchettando i giornalisti…
La interrompo per sottolineare che i miei appelli non significano voglia di nascondere la verità. Vorrei evitare anche di cadere nella deontologia accattona di alcuni ipergarantisti, che vogliono solo presentare l’ultimo loro libro in qualche salotto tv.

Che commenti ha ricevuto a questi appelli da parte del mondo dei mass media?
Ho avuto svariate migliaia di messaggi di approvazione da giornalisti, e da cittadini. Sul caso Loris alcuni giornalisti ritengono che si stia esercitando solo il dovere di cronaca, e che il senso della misura aiuta a non oltrepassare i limiti della decenza.

Scusi, ma lei ha visto i video, anche quelli pubblicati sia da quotidiani locali che da grandi giornali nazionali, con i giornalisti che inseguono le maestre, la famiglia, ogni persona convocata in procura? Davvero le sembra che sia stato rispettato il senso della misura in questo caso?
Cos’altro posso fare se non denunciare pubblicamente e chiedere ai consigli di disciplina di valutare se sono state violate le regole deontologiche? Io non dispongo certo di forze di polizia, che possano fare da cordone anti-telecamere. E poi va detto che c’è anche tanta gente per bene tra i giornalisti, ci sono persone che vogliono fare bene il loro lavoro. Certo, c’è pure chi vive in preda solo all’ansia dello scoop, del retroscena e del plastico a tutti i costi: in questi casi possono solo intervenire i consigli di disciplina sul territorio. C’è anche un’Autorithy per la privacy in questo paese e mi chiedo, se ci sono state violazioni, cosa aspetti ad intervenire. Se non ritiene che ci siano state violazioni, mi dica che sbaglio io, semmai, almeno mi metto l’animo in pace. E l’Agcom poi? Ritiene di intervenire sulla stampa solo in campagna elettorale per la par condicio? La vita delle persone viene prima della par condicio, e quindi che intervengano pure questi organi, che ci mettano in condizioni di lavorare. Per procedere abbiamo bisogno delle segnalazioni di casi specifici, segnalazioni che ci possono giungere anche dai cittadini. Come ordine nazionale in questi giorni abbiamo già contatto alcuni istituti di ricerca, per creare un’osservatorio su questi temi.

Tags: delittoenzo iacopinoLoris StivalVeronica Panarello
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