Bruciata una moschea a Bangui: «È da sei mesi che noi musulmani siamo soggetti a violenze e distruzione»
Un gruppo di giovani, probabilmente cristiani, si è voluto vendicare dell’attacco letale alla chiesa cattolica Nostra Signora di Fatima distruggendo ieri una delle ultime moschee di Bangui, capitale del Centrafrica. Non sono state riportate vittime, come riferito dal portavoce della sempre più esile comunità musulmana di Bangui, Ousmane Abakar: «È da sei mesi che siamo soggetti a violenza e distruzione ma non siamo stati noi ad attaccare la chiesa».
«TERRORISTI JIHADISTI INFILTRATI». Almeno 15 persone, tra cui un sacerdote, sono decedute quando uomini della coalizione islamica Seleka hanno lanciato una granata dentro il compound della Chiesa cattolica mercoledì scorso. Secondo fonti di Fides, oltre alle vittime, 42 persone sarebbero state rapite: per il momento non è chiaro se questi siano morti o ancora in vita.
Secondo l’arcivescovo della capitale Dieudonné Nzapalainga, gli assalitori non parlavano francese né sango, la lingua locale, ma l’inglese. Questo confermerebbe la preoccupante notizia riferita da fonti centrafricane a Fides, secondo cui «anche se le autorità fanno finta di ignorare il fatto, molti sanno che i terroristi jihadisti provenienti da Sudan e Nigeria si sono infiltrati nella Seleka e si trovano al PK5 (quartiere a maggioranza musulmano della capitale, ndr). Assimilando gli anti-balaka ai cristiani, i media occidentali hanno fornito a questi criminali un bel mezzo di propaganda».
VIOLENZE SENZA FINE. Il Centrafrica, che oggi è a «rischio genocidio», è in guerra da oltre un anno, da quando nel marzo 2013 la coalizione di ribelli Seleka guidata da Djotodia ha deposto il presidente Bozizé. Sono seguiti otto mesi di violenze atroci e persecuzioni di cristiani. Dopo l’intervento della comunità internazionale, Djotodia è stato deposto ma milizie animiste e in minima parte cristiane, gli anti-balaka, che significa “antidoto”, hanno cominciato a vendicarsi sui musulmani delle violenze ricevute. Oggi anche i Seleka si sono riorganizzati e gli scontri non sembrano avere fine.
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