La Brexit non si capisce da Londra, ma dalle città desolate dove le case sono «tante piccole prigioni»

Di Leone Grotti
30 Giugno 2016
Un reportage del Guardian racconta la maggioranza degli inglesi che ha votato Leave: «Siamo stati traditi, abbandonati, il poco lavoro se lo prendono gli immigrati»

case-regno-unito-desolate-shutterstock_354022850

[cham_inread]

Ma chi l’ha detto che gli inglesi si sono pentiti dopo la Brexit? I giornali, certo. Ma la realtà è un’altra cosa. Soprattutto la realtà che si trova al di fuori delle quattro mura della City o dei grandi centri urbani e che si snoda lungo le terre desolate del decadimento industriale. Widnes, Warrington, Salford, Wolverhampton, Stafford, Cannock. E ancora Stockport, Macclesfield, Congleton. Città diverse, perse tra Liverpool e Londra, ma accomunate dagli stessi messaggi: «Non si trova un lavoro decente», «i politici se ne fregano di noi», «siamo stati abbandonati».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]MARCIA DI UN MESE. Le voci degli inglesi che nessuno ascolta, e che oggi tutti incolpano di aver fatto uscire il Regno Unito dalla “storia”, sono state raccolte da Mike Carter. Il giornalista freelance è partito il 2 maggio da Liverpool a piedi e ha raggiunto un mese dopo Londra, ripercorrendo le 340 miglia calpestate nel 1981 da 300 disoccupati contro le politiche di Margaret Thatcher. Da questo viaggio  è uscito un reportage ruvido e vivido pubblicato dal Guardian, il principale giornale pro Unione Europea della campagna referendaria inglese.

«COME TANTE PICCOLE PRIGIONI». Il paesaggio è popolato da pub chiusi e negozietti con porte e finestre sbarrate da assi di compensato o fogli di lamiera «come tante piccole prigioni». Alle finestre delle case appaiono manifesti referendari: tutti favorevoli al “Leave”. «Non ce n’è neanche uno a favore del “remain” nell’Ue». Carter interroga i passanti, vince la loro reticenza e ascolta sempre le stesse risposte: «Vogliamo uscire. Non c’è dubbio». Perché? «Immigrazione. Rivogliamo indietro il nostro paese».

case-regno-unito-chiuse-shutterstock_354022925

«UMILIAZIONE». Delle grandi industrie di un tempo sono rimasti solo gli scheletri. Miniere, acciaio, ceramiche: oggi non c’è più niente, «non si trova un lavoro decente» e i pochi che ci sono, ripetono tutti, «se li prendono i tanti immigrati. Noi non possiamo competere con gli stipendi che accettano loro». Carter si limita a pochi commenti: «Nessuno usa la parola umiliazione, ma il senso è quello». Dappertutto sono spuntati come funghi centri per le scommesse sportive. Di fianco a ognuno di questi ci sono banchi dei pegni o prestasoldi. Quando va bene, sale per tatuaggi e fast food. Giovani e vecchi hanno le stesse preoccupazioni: «Siamo stati traditi».

«UN ALTRO PAESE». Il pellegrinaggio laico di Carter finisce a Londra, la capitale, la città europea per eccellenza, l’unico distretto inglese dove ha vinto il “Remain”, il più elogiato dai media, dove i grattacieli sono belli e sfolgoranti, i giardini curati. «Mi sono trovato, letteralmente e spiritualmente, in un altro paese», scrive Carter. Ecco perché «quando mi sono svegliato con i risultati del referendum, non sono rimasto neanche lontanamente sorpreso».

@LeoneGrotti

Foto case abbandonate da Shutterstock

[cham_piede]

Articoli correlati

17 commenti

  1. Giannino Stoppani

    Mah, per noialtri è l’occasione di vedere che succede.
    Di sicuro c’è che se uscendo la GB fa il botto in termini di crescita e di occupazione, a Bruxelles c’è chi si mette a piangere. E anche in Italia.

    1. Alex

      Impossibile entro i prossimi minimo 5 anni, direi almeno 10 anni, probabilmente pure nel lungo periodo. Peraltro l’occupazione era gia’ al 5.4%. Puo’ solo peggiorare. Forse non ha idea di cosa sta succedendo nell’economia sia finanziaria che soprattutto reale in UK, con investimenti esteri scesi di botti, investimenti in startups tutti bloccati, banche gia’ con piani avanzati per rilocalizzazione, universita’ con rallentamento grave delle iscrizioni di studenti UE (15-30% dei ricavi) e fuga di accademici gia’ iniziata. Potrei andare avanti aggiungendo il razzismo esplicito vero europei in crescita ovunque, anche se in maniera minore a Londra. O il fatto che le tensioni sono tornate a fiorire in Nord Irlanda e che la Scozia ha gia’ iniziato a battere cassa. E soprattutto il vuoto di potere semi-totale che andra’ avanti per mesi. Se il Regno Unito fa il botto nei prossimi anni lo fa solo verso il basso.

      1. Giannino Stoppani

        Diamine, non mi capita di leggere sentenze così categoriche sulle performance economiche dai tempi dei famosi piani quinquennali di venerata memoria.
        Staremo a vedere se la perfida Albione andrà in default o se resterà la potenza economica che è sempre stata anche prima di essere eterodiretta dai burocrati della UE.
        Io “non ne ho idea”, ma secondo me la seconda ipotesi è più probabile a verificarsi.

      2. Giannino Stoppani

        Aggiungo, per completezza, che forse sarebbe stato più serio rispondermi che, date le enormi differenze tra il Regno Unito e, ad esempio, la nostra amata Italietta, riguardanti sia il grado di coinvolgimento nella moneta unica, sia le caratteristiche strutturali dei due sottosistemi economici, sarebbero state ben poche le indicazioni davvero utili da ricavare dalla fenomenologia legata a questa decisione.

    2. Menelik

      Giannino, perché l’Inghilterra si rimetta in sesto, c’entra poco l’Europa, a mio avviso.
      C’entrano, sempre a mio avviso, motivi strutturali.
      Io partirei riaprendo i cantieri metalmeccanici grossi, tipo i cantieri navali di Liverpool (abitavo in zona e ho capito cosa è successo lì), i grossi centri siderurgici tipo Shotton Works (la città dell’acciaio, che negli anni 80 lavorava si e no al decimo della sua potenzialità, ed il resto era una città di capannoni tipo Chernobyl), le miniere di carbone in Galles e Lancashire (alla facciaccia dei sapientoni io avrei messo in piedi l’industria della gassificazione del carbone, mutare la lavorazione del carbone adeguandolo all’evoluzione tecnologica).
      Vedrai che i sussidi di disoccupazione e supplementari si sarebbero ridotti drasticamente, e gli Inglesi (che ammiro per essere un popolo orgoglioso e fiero della sua nazionalità) sarebbero stati ben contenti di avere ancora attive le grandi industrie che hanno fatto la storia britannica, con materie prime nazionali e indotto anch’esso nazionale, estero solo l’esportazione ai mercati mondiali.
      La gente beve quando non ha lavoro.
      Quando lavora, beve ancora, ma la testa è diversa.
      Io penso che l’uscita dall’Europa poco bene gli farà.
      Chiudere le acciaierie e le carboniere è il suicidio anche se economicamente magari conviene fare la manutenzione delle navi a Hong Kong.
      Il costo sociale della disoccupazione e della vita insulsa da pub tra birra, canne e “speed” (anfetamina) è molto maggiore del finto guadagno della delocalizzazione nei centri industriali e bacini carboniferi asiatici.
      Praticamente carbone inglese e acciaio inglese ed operai inglesi.
      E le merci prodotte in casa vanno vendute all’estero, non farle fare in Estremo Oriente e far campare di disoccupazione gli operai inglesi.

      1. Giannino Stoppani

        Caro Menelik, io non so se l’uscita dalla UE alla Gran Bretagna gli farà bene o male. In economia entrano in gioco troppe variabili e le certezze sulle previsioni son frutto di atti di fede ideologici piuttosto che di evidenze risultanti dalle analisi dei dati. Se l’Europa fosse stata quella che avevano in mente coloro che la fondarono, probabilmente avrebbe avuto ragione chi diceva che a starne fuori ci si poteva solo rimettere. Ma dal carrozzone di burocrati riccamente stipendiati che decide la lunghezza degli zucchini, francamente penso se ne possa pure fare a meno.

  2. Roberto

    E’ vero esiste un minimo legale .
    Se poi uno preferisce non mettersi in gioco sono scelte della persona.
    28000 è il personale Inglese che lavora per il parlamento Europeo+ Ag. Europea del Farmaco e
    European Police College. Tutti a casa ?(triste)
    Lasciamo perdere il resto non serve a nessuno.

  3. Otello

    Si invita a non fare disinformazione, la storia che noi immigrati in UK accettiamo stipendi più bassi dei lavoratori inglesi è totalmente falsa, in quanto nel Regno Unito esiste un minimo legale e se non venisse rispettato ci sono pesanti multe e sanzioni anche penali.
    In caso di mancata correzione di questo articolo mi riservo di agire legalemente a vostro danno.

    1. jens

      OK, credo che tu debba querelare il Guardian, non Tempi.

      1. oto

        Già fatto, ma quest’articolo va rimosso comunque.

        1. Ferruccio

          Andrà rimosso quando il Guardian riconoscerà di aver sbagliato.

        2. John

          Fammi indovinare Otello: sei il classico italiota che in Inghilterra è disposto a far lavori umili, seppur rispettabili (cameriere, etc) ma non farebbe mai la stessa cosa in Italia….siete scandalosi

      2. Rolli Susanna

        Indovina indovinello, chi si cela dietro ad Otello?

        1. Ferruccio

          un fake. figuriamoci se gente che lavora per davvero perde tempo a denunziare questo o quell’altro giornale.

          1. angelo

            Ce ne sarebbe di gente da denunciare. Ad esempio la massa di centri sociali che fanno occupazioni abusive, e le TV che ne fanno i reportage e li dipingono come paladini del popolo..
            Ma chissà perchè di questo di illegalità e istigazione a delinquere non viene mai denunciata da nessuno.

    2. nicola

      incredibile, e quale sarebbe il reato? Lei personalmente è parte lesa? e in che modo? , forse il soggiorno nella culla della democrazia (e del saccheggio del pianeta) Le ha dato alla testa

    3. Menelik

      Io ho abitato 5 anni in UK, nel Cheshire, e ho girato parecchio su e giù tra Liverpool, Manchester ed il Clwyd.
      In quei 5 anni che ho lavorato lì, 4 sono stato impegnato nel catering, e uno nell’industria attinente al catering.
      Sulla faccenda degli stipendi più bassi, riferito agli anni 80, è verissimo, non vero e basta.
      Nel catering ti pagano come gli pare a loro, in particolare i datori di lavoro stranieri, come i Levantini e i Bengalesi.
      Praticamente hanno una contabilità fittizia, per gli ispettori, ed una vera segreta.
      Loro dichiarano che ti danno un tot conforme alla legge, e quello che ti trovi nella busta settimanale è tutta un’altra cifra.
      Nel catering ti rifai consumando i pasti in azienda, pranzo e cena, dunque andavi a fare la spesa (da Tesco stores, non so se c’è anche adesso) una volta ogni tot giorni,. giusto per prendere fancy food che non trovi in azienda.
      Però le paghe REALI erano basse, poche decine di pound a settimana, ed i locali venovano a lavorare, dopo qualche settimana si licenziavano tutti, perché preferivano prendere la disoccupazione.
      Questo era negli anni 80.
      Mia figlia abita ancora lì, lavora in tutt’altro settore.
      Alcuni anni fa ha lavorato per più di un anno per una grossa azienda italiana, azienda ufficiale con uffici commerciali che dipendono da Roma.
      In teoria lì era tutto a posto, però chissà come a fine mese le davano una miseria, che consentiva di fare una vita tirata coi costi di Londra.
      Infatti s’è licenziata appena possibile e s’è messa a lavorare per Inglesi.

I commenti sono chiusi.