Davanti al presepe di Madrid Díaz Ayuso lancia «un patto per il Natale»
Pubblichiamo una nostra traduzione del discorso che la presidente della Comunidad de Madrid, Isabel Díaz Ayuso, ha pronunciato martedì 29 novembre inaugurando il presepe alla porta del Sol. Isabel Díaz Ayuso è stata ospite alla Festa di Tempi a Caorle lo scorso 16 luglio.
Anche quest’anno, all’inizio dell’Avvento, inauguriamo alla porta del Sol questo presepe che l’Associazione dei presepisti ha realizzato con la cura e la dedizione che li rende unici e con la maestria che ogni anno ci sorprende.
La parola Avvento significa “venuta”, e con l’emozione che sempre produce l’attesa dell’arrivo di qualcuno a cui vogliamo bene, prepariamo la celebrazione del Natale e del passaggio di Dio sulla terra che nasce, si fa uomo, come noi soffre e gioisce, muore e secondo la credenza cristiana resuscita per portare la Salvezza a tutti gli uomini.
Se con l’Epifania, la famosa festa dei Re Magi, il cristianesimo si fa cattolico, ovvero universale, e l’uomo celebra per la prima volta il fatto che Dio arriva a tutti i popoli e tutte le razze, con Cristo, con la sua incarnazione, Dio stesso si inserisce nella storia dell’umanità, in questa “nave dei secoli” su cui siamo tutti.
Dio umano e storico come noi. Questo, che si abbia fede o meno, è un fatto che cambia per sempre il modo in cui ci guardiamo e in cui viviamo. Perché, come osservò Julián Marías, se Dio stesso si è fatto uomo significa che essere uomo è la cosa migliore che si possa essere. Così la dignità dell’essere umano ha messo l’asticella nel punto più alto. Da allora non si può più tornare indietro sulla necessità di considerare ogni vita umana come qualcosa di prezioso e insostituibile. Nessuno è di troppo in questo mondo, e nessuna vita merita meno di altre di essere vissuta.
Ogni anno di fronte al presepe dico qualche parola sul senso del Natale, perché ogni anno celebriamo qualcosa che è molto più importante delle vacanze, dei regali, delle luminarie.
Corriamo il rischio di perdere il senso di chi siamo e da dove veniamo. Forse per questo noi adulti a volte ci lamentiamo di non essere felici per il Natale come quando eravamo bambini. Però allora guardiamo all’Ucraina, a quelle persone rifugiate qui a Madrid o lì nel mezzo della guerra e del freddo, e vediamo come celebrano con dignità e gioia il Natale.
Ricordiamo i cristiani perseguitati nel mondo, i bambini malati e le loro famiglie, i molti che anche qui affrontano tante difficoltà, le persone sole vicino a noi, uomini e donne, bambini e bambine, tutti quelli che non si possono riunire con i loro cari perché non ci sono più o perché sono lontani. Vorrei che sappiate che la comunità di Madrid vi ha molto presenti, specialmente in questi giorni.
Voglio dedicare anche delle parole di gratitudine per tutte quelle persone che lavoreranno a Natale permettendo a noi di festeggiare. I medici, le infermiere e tutto il personale sanitario, i poliziotti, i vigilanti, i pompieri e la protezione civile, chi assicura i servizi di base essenziali ai lavoratori degli ostelli e delle residenze per anziani, i volontari che dedicano il loro tempo ai più vulnerabili, i camerieri e i cuochi, i lavoratori del mondo dello spettacolo: grazie, perché senza di voi niente sarebbe uguale.
Il Dio bambino nasce a Betlemme anche quest’anno, e il suo messaggio è di pace in terra. La famiglia è dichiarata sacra, la promessa è la salvezza, il perdono e la vita eterna, e l’unico comandamento è l’amore: amatevi gli uni gli altri.
Le Sue parole colpivano quelli che le ascoltavano, i suoi fedeli hanno sofferto per secoli, e tuttora soffrono, la più crudele delle persecuzioni, però nulla poté impedire che quel messaggio si tramandasse di padre in figlio, di generazione in generazione. Perché offriva un orizzonte di pace, amore, giustizia e verità sconosciuto fino ad allora. E dobbiamo riconoscere che quel messaggio cristiano è quello che impregna il nostro modo di vivere: la carità, la pietà, il perdono, la tolleranza, la cura degli infermi, l’aiuto ai vulnerabili, il rispetto per la vita umana, la dignità della donna, la soddisfazione di fare e condividere il bene.
Davvero, credenti e non credenti, stiamo rinunciando a questa eredità che porta con sé il meglio di noi, ciò a cui tutte le persone di buona volontà aspirano?
La storia della Spagna romana e della monarchia non si spiega senza le sue radici cristiane, lo vogliamo negare? Chi vince cosa con questa falsificazione? Pochi paesi sono così vincolati in tutta la loro storia e nel loro compito nel mondo alla concezione cattolica.
Giovanni Paolo II si domandava: si può togliere Cristo dalla storia di ogni nazione? Lo si può togliere dalla storia dell’Europa? Di fatto solo in Lui tutte le nazioni e l’umanità intera, possono varcare la soglia della speranza.
Proprio in questo presepe e in quelli che si mettono nelle case, scuole e parrocchie si trova quella soglia della speranza che siamo invitati a varcare.
Il Vangelo, la buona novella, è parte dell’eredità di tutti, non è giusto strappare gli uomini dalla loro storia, dalla loro tradizione né dalla loro dimensione trascendente che ognuno cercherà o meno in libertà e in pace. Per questo propongo un patto per il Natale, per tornare a essere bambini nel senso migliore, recuperare la cultura religiosa che è inseparabile dalla cultura con la C maiuscola, da cui veniamo e di cui abbiamo bisogno per sapere dove andare.
Buon Natale a tutti, e benvenuti a celebrarlo qui nella vostra seconda casa, a Madrid.
(Si ringrazia Davide Viganò per la collaborazione)
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