Arrigo Sacchi è razzista? Il caso è talmente noto ormai che bastano poche righe per riassumerlo a dovere. La sera di lunedì 16 febbraio l’ex ct della nazionale (nonché allenatore del Milan di Gullit e Rijkaard), a Montecatini Terme per la consegna del Premio Maestrelli, rilascia ai giornalisti tra le altre dichiarazioni anche la seguente: «Io mi vergogno di essere italiano. Per avere successo siamo disposti a vendere l’anima al diavolo. Non abbiamo una dignità, non abbiamo un orgoglio italiano. Ci sono squadre con 15 stranieri, questo perché si mette il business al primo posto: e quando si mette il business al primo posto il calcio non può avere successo. (…) Oggi vedevo il torneo di Viareggio: io non sono un razzista – ho avuto Rijkaard – ma vedere così tanti giocatori di colore, vedere così tanti stranieri, è un’offesa per il calcio italiano».
Qui il video pubblicato su YouTube da Tuttomercatoweb:
PURE RAIOLA E BLATTER. Nello stesso discorso il mister inserisce anche concetti come «dignità» e «orgoglio per il proprio paese». Non l’avesse mai fatto. Il poveretto diventa immediatamente l’appestato della settimana. Reazioni a non finire. Indignazione. Reprimende. Lezioncine e predicozzi a spreco. Qualcuno, totalmente privo di senso del ridicolo, si mette perfino a contare uno per uno gli stranieri presenti nelle giovanili italiane per dimostrare che Sacchi ha torto. Assurdo. Perfino noti stinchi di santo come Sepp Blatter e Mino Raiola si sentono in diritto di ingiungere al (presunto) razzista di «vergognarsi». Il presidente della Fifa evangelizza via Twitter: «L’orgoglio e la dignità non sono legati al colore della pelle. Scioccato dai commenti di Arrigo Sacchi. Smettila».
IL CONTRARIO DEL RAZZISMO. In realtà per chi segua un minimo il calcio italiano e conosca un poco Sacchi, era chiarissimo fin da subito cosa egli intendesse dire con quelle parole. Sarebbe bastato averlo visto parlare in tv per più di dieci minuti almeno una volta nella vita – cioè sarebbe bastato un goccio di buona fede – per concludere che si trattava non di razzismo, bensì del suo vecchio cavallo di battaglia: troppi stranieri nei club tricolore, è un problema per noi ed è un problema per loro. Se mai, dunque, è il contrario del razzismo, come ha poi provato a spiegare lo stesso Sacchi alla Gazzetta dello Sport (e anche in tv, nello studio Champions di Premium Calcio): «Nessun accento discriminatorio: l’altra sera volevo inviare un allarme su acquisti troppo disinvolti che non aiutavano né gli stranieri né gli italiani. Sono preoccupato per questi ragazzi che vengono da paesi poveri dell’Africa, del Sudamerica, dall’Est Europa. Arrivano trascinati da un sogno, ma purtroppo per molti di loro il futuro difficilmente sarà roseo. In questo caso quali contraccolpi psicologici subiranno? Prima la speranza, poi l’amarezza. Il mio voleva solo essere un allarme su un problema etico, non solo calcistico. Sono veramente stupito di quanto è accaduto ma anche sereno perché lo ripeto: non sarò mai un razzista».
EMOZIONI. Ma a quanto pare è tutto inutile. Non si è fermata e non si fermerà la gragnuola di ramanzine sul povero Sacchi. E sapete perché? Perché ormai quello che intendeva dire in realtà l’Arrigone nazionale ormai non interessa più a nessuno. A questo punto conta solo reagire. Le maestrine del politicamente corretto, spiega in maniera perfetta Camillo Langone nella sua “preghiera” sul Foglio di oggi, «hanno lo choc facile». Scrive Langone: «Da qualche tempo, non solo in ambito sportivo, chiaro, di fronte a una qualsivoglia espressione di un pensiero minoritario i portavoce del pensiero maggioritario reagiscono definendosi scioccati. Non discordi, non contrari: scioccati. Dirsi in disaccordo obbligherebbe a impegnarsi sul piano razionale. Mentre dirsi scioccati pone la questione sul piano emozionale: e come fai a discutere un’emozione? Siccome le emozioni non si possono discutere dichiararsi scioccati significa infilare una mordacchia nella bocca dell’interlocutore. Dagli emotivi mi guardi Iddio». Amen.