Agnese Ivana Sandrin: Te Deum laudamus per un’intera vita passata nella scuola

Di Agnese Ivana Sandrin
11 Gennaio 2015
«È possibile attingere da Il rischio educativo le ragioni universali che ispirano una laicità educativa». Il ringraziamento del preside della scuola statale don Luigi Giussani

Come da tradizione, anche nel 2014 l’ultimo numero del settimanale Tempi è interamente dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso firmati da diverse personalità del panorama sociale, culturale e civile italiano e non solo. Nella rivista che resterà in edicola per due settimane a partire dal 31 dicembre, troverete, tra gli altri, i contributi di Angelo Scola, Asia Bibi, Louis Raphaël I Sako, Fausto Bertinotti, Luigi Amicone, Renato Farina, Mattia Feltri, Fred Perri, Aldo Trento, Pippo Corigliano, Annalisa Teggi, Alessandra Kustermann, Mario Tuti.

Pubblichiamo qui il “Te Deum” di Agnese Ivana Sandrin, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo statale “Don Luigi Giussani” e del liceo artistico “O-Licini” di Ascoli Piceno.

“Una vita donata alla scuola” potrebbe sembrare un degno slogan e riconoscimento per me che sto per celebrare l’ultimo Te Deum di un anno scolastico. Lascerò nel 2015 la scuola dove sono entrata in prima elementare nel 1957 e da dove non sono più uscita, se non con il prossimo pensionamento. Un tempo lungo in cui è accaduto di tutto: dalla Lettera ad una professoressa di don Milani, alla destrutturazione del sistema, alla democratizzazione della scuola sull’onda innovativa e sognatrice del 1968. Entrava nel sistema scolastico la scuola di tutti: studenti, genitori, docenti, bidelli; tutti erano rappresentati dagli organi collegiali, eletti con liste di candidati e votazioni. Quella scuola è stata frequentata da una generazione che, nel giro di qualche anno, sta esaurendo la sua presenza nei vari contesti sociali e lavorativi, la generazione che ancora ha potuto realizzare il lavoro corrispondente allo studio, che potrà raccontare la stabilità organizzativa per la propria vita e che non rientrerà mai nel dibattito della precarietà del posto fisso.

te-deum-2014-tempi-copertina-asia-bibiUna rivoluzione copernicana
Mi chiedo: forse siamo stati noi, già allora, i frutti di una buona scuola?
Te Deum per quel sogno: veramente abbiamo creduto in tempi di grandi cambiamenti culturali che hanno favorito l’integrazione di alunni disabili, l’abolizione del voto nella scuola di base, la partecipazione dei genitori e l’inizio di una timida alleanza educativa. Si progettava dal programma alla programmazione: una rivoluzione copernicana che spostava il baricentro della didattica dalla disciplina all’alunno. Ora, a distanza di anni, ci troviamo nella scuola, senza genitori: gli organi collegiali, decretati nel 1974 obsoleti, hanno esaurito l’efficacia della loro rappresentanza, la scuola di tutti è diventata la scuola dell’autonomia e della complessità, inclusiva di immigrati, di volti colorati, di lingue diverse, sono ritornati i voti, il livello di accreditamento è diventato il parametro europeo, il giudizio di qualità è decretato dal rapporto Ocse, la programmazione si deve misurare con i traguardi di Lisbona 2020.

Te Deum Signore, perché finalmente, tra tante categorie e mezzi che cercano di definire e aiutare la scuola, abbiamo recuperato la semplicità del giudizio: vogliamo la “buona scuola”. Te Deum perché la scuola riesce ancora a raccogliere tutta la complessità del nostro tempo: l’emergenza educativa, etica, economica; i nostri insegnanti, ormai disillusi dalle promesse che potevano migliorare i loro profili professionali, stanno scegliendo, come risorsa, la via della persona, partire dalla loro disponibilità, dal loro io creativo come unica vera possibilità di essere adulti credibili nel rapporto con i ragazzi, dai più piccoli ai giovani; la buona scuola si fa oggi con la presenza, come dono di sé ed ascolto. La scuola è uno spazio e un tempo in cui i nostri giovani possono ancora affermare la loro affettività, ricercare l’amicizia, orientare la loro vita, cogliere nello studio l’utilità del sapere, ma soprattutto esercitarsi nell’arte del giudizio per ampliare la loro umanità. Te Deum Signore, perché la crisi ha costretto a recuperare l’essenziale, anche nella scuola. Non mi sembra di aver vissuto sperando qualcosa, ho costruito il futuro vivendo in ogni istante, intensamente, il presente.

La crescita di quei ragazzi
Da tre anni ho il privilegio di dirigere, contemporaneamente, ogni ordine di scuola: infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado; gli alunni da bambini, adolescenti, giovani crescendo rappresentano il percorso di una meravigliosa storia di senso, è proprio nell’unitarietà di questo divenire che si coglie il significato e la ragionevolezza dell’educare e dell’insegnare. Ho appreso dal grande educatore don Luigi Giussani, la consapevolezza dell’attenzione al destino dei giovani. A don Giussani è stata intitolata, ad Ascoli, la prima scuola statale in Italia e nel mondo, dimostrando che è possibile attingere dal suo libro Il rischio educativo le ragioni universali che ispirano una laicità educativa e quindi possibile anche in una scuola statale per tutti. In età scolare si vive del presente, ogni istante è vissuto con intensità, è così che passano gli anni e ogni anno è come l’inizio del primo giorno: per questo lascio la scuola, non per “una vita donata”, ma per una vita in cui devo ancora restituire in gratitudine e giovinezza.

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1 commento

  1. leo aletti

    Al termine si restituisce gratitudine e giovinezza.

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